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Morto l’orso Juan Carrito, investito da un’auto. Legambiente: Riflettere su comportamenti umani

È morto Juan Carrito, l’orso marsicano che viveva nel Parco Nazionale d’Abruzzo. L’animale, che negli ultimi anni era diventato celebre per le sue scorribande dettate dalla ricerca di cibo, è stato investito da un’automobile lungo la strada statale 17 all’altezza di Castel di Sangro in provincia dell’Aquila. L’orso è morto su una strada che collega il Parco nazionale della Maiella e il Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, le due aree protette che in questi anni si sono prese cura di lui che, per i suoi comportamenti, era osservato e monitorato dai tecnici dei due parchi e di quelli della Riserva regionale Monte Genzana Alto Gizio nei pressi della quale era nato da una cucciolata di quattro orsi partoriti da mamma Amarena. Per Legambiente la morte di Juan Carrito “apre nuovamente una importante riflessione sulla conservazione e gestione di questa specie, legata anche ai comportamenti umani, alla gestione dei rifiuti e alla messa in sicurezza delle infrastrutture a partire dalle strade con interventi di road ecology”.

L’orso bruno marsicano Juan Carrito – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – ha vissuto la gran parte del suo tempo terreno, non tra le montagne appenniniche, ma libero tra le persone e le case, e lungo le strade trafficate della marsica. Poteva essere catturato e confinato a vita in una gabbia, ma si è opportunamente deciso di farlo vivere da animale selvatico valutando i rischi che i suoi comportamenti confidenti poteva comportare. Noi consideriamo questa scelta l’unica, la più opportuna, ma anche la più difficile da attuare anche perché chi ha dovuto gestire l’orso, ha dovuto fare i conti con i limiti di un’azione di gestione che non dipende solo dai tecnici o dai responsabili dei parchi. Non di sola conservazione ci si deve occupare nella gestione degli orsi, ma anche di strade, di rifiuti, e di comportamenti umani e per mantenere la popolazione di orso bruno marsicano in una condizione favorevole, bisogna partire dalle persone che con i propri comportamenti incidono sul futuro libero o in cattività della fauna selvatica. È poi fondamentale accelerare sulla messa in sicurezza delle infrastrutture a partire della strada con interventi di road ecology”.

Sebbene la storia di quest’orso – dichiara Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente – non sia differente da quella di altri simili che hanno subito un destino analogo, i comportamenti estremamente confidenti hanno reso Juan Carrito un’attrazione per i luoghi che frequentava, per le pasticcerie e le cucine dei ristoranti stellati che visitava.  Anche se, più che un’attrazione, era l’orso a essere attratto dal cibo che trovava con facilità tra i rifiuti dei centri abitati che frequentava da quando era nato, rovistando tra i resti della nostra inciviltà che contribuisce negativamente sui comportamenti di questo e di altri selvatici. Proprio qualche giorno fa abbiamo presentato Parchi nazionali rifiuti free, il primo report sulla raccolta differenzia dei comuni dei parchi nazionali, sottolineando che una inadeguata gestione dei rifiuti fosse anche un problema per la gestione della fauna selvatica e, possiamo confessarlo, la storia di Carrito che frequentava i cassonetti di Roccaraso ci ha fornito l’incipit per il nostro lavoro. Per questo torniamo a ribadire anche l’importanza di un nuovo patto tra parchi e comunità locali. Per realizzare la transizione ecologica è importante che le aree naturali protette, oltre a mantenere efficienti gli ecosistemi e tutelare le specie a rischio, non perdano la sfida di accompagnare i territori e le comunità locali verso scelte green e politiche di sviluppo innovative basate sulla qualità ambientale, la tutela della biodiversità e la coesione territoriale”.

Chiara Troiano

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