Dallo Spazio Europa Experience di Roma, casa della Commissione e del Parlamento Ue, l’industria italiana tutta lancia un appello alle istituzioni europee. Durante l’evento ‘L’energia per l’Italia e l’Ue: le fonti e le regole del mercato energetico’, organizzato da Withub con la direzione editoriale di Eunews e Gea, gli imprenditori chiedono una revisione, non del percorso verso la decarbonizzazione, ma dei metodi per arrivare ai target prefissati, auspicando una vera neutralità così da evitare la deindustrializzazione. Secondo il presidente di Duferco, Federacciai e Interconnector Energy Italia, Antonio Gozzi, “l’Europa ha sbandato molto sulle politiche industriali negli ultimi 20 anni. Presa da un’ideologia finanziaria da una parte e di estremismo ambientalista dall’altra ha pensato di poter fare a meno dell’industria. Una cosa che nessuna grande area economica del mondo ha pensato di fare, perché l’industria, siccome è un fattore di progresso, viene tenuta ben stretta da tutti”. Tuttavia, spiega Gozzi, “oggi vedo che c’è una riflessione in campo, speriamo che conduca ad un approccio meno ideologico, più razionale e più pragmatico”. Anche perché già “la siderurgia italiana è campione nella decarbonizzazione in Europa e punta ad arrivare alla produzione di acciaio green entro il 2030. Si sono fatti danni negli anni, ma riconoscere che c’è stato sbandamento e non lucidità da parte dell’Ue non significa negare la necessità di una transizione”. Quello del presidente di Federacciai non vuole essere un discorso anti-europeista, al contrario, pure “noi italiani dobbiamo fare di più e meglio e dobbiamo rivendicare il principio di mercato unico, principio cardine dell’Ue”.
Certo è che “occorre evitare l’ideologia elettrica. Penso all’utilizzo di biocarburanti, del biometano, che oggi è aiutato solo se viene utilizzato per il trasporto“, quando invece si potrebbe “tranquillamente immettere in rete e distribuire. Questi elementi ci devono guidare e ci possono permettere di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, competitività e sicurezza degli approvvigionamenti“, aggiunge Paolo Gallo, amministratore delegato di Italgas. Oggi “il biometano è assolutamente competitivo, ma ci sono una serie di ostacoli, a partire da una non comprensibile ripartizione dei costi di connessione. C’è poi il tema degli impianti di biogas: oggi abbiamo una produzione che vale 2,2 miliardi, un biogas ricco di Co2 che viene bruciato in centrali a bassa efficienza per produrre energia elettrica completamente sovvenzionata. Pensate – prosegue Gallo – se gli impianti fossero convertiti a biometano: ne avremmo 1,5 miliardi domani. E la Co2 potrebbe essere catturata, senza contare la produzione di fertilizzanti: la cosiddetta economia circolare“. Da questo punto di vista si tratta di una “visione mancata a livello di Commissione Ue, bisogna usare tutte le leve disponibili“, conclude il Ceo di Italgas. Infatti “è importante mantenere un approccio neutrale e considerare tutte le possibilità che la tecnologia offre, non fermarsi solo a una”, ma “ognuna di queste opportunità va vista concretamente”, sottolinea il presidente di Enea, Gilberto Dialuce.
In realtà in Europa “c’è una deindustrializzazione in corso da anni – sentenzia Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia -, abbiamo il Prodotto interno lordo pro capite che cala, e noi italiani siamo al primo posto in questa deindustrializzazione”. Semmai “c’è stata una accelerazione con il lavoro di questa Commissione europea. C’è una crisi, una guerra in corso in Europa, e non li abbiamo convinti che ci sono cose più importanti della transizione, come la guerra”. Contro la deindustrializzazione, “se potessi, chiederei all’Europa un fondo Ue per la decarbonizzazione dell’industria hard to abate, che finora è sempre stato rifiutato”, propone Gozzi. “Magari – spiega il numero uno di Federacciai – finanziandolo come con i fondi Covid, attraverso indebitamento europeo o Eurobond. Perché l’Europa non si ingaggia davvero facendo debito comune, se è una priorità assoluta? Oltretutto, se garantito dall’Europa avrebbe costi contenuti dal punto di vista degli interessi”.
Un appello al governo italiano e alle istituzioni europee arriva infine da chi, sulla carta, sta beneficiando della transizione verso le pompe di calore, ovvero la Daikin. L’amministratore delegato per l’Italia, il belga Geert Vos, mette in guardia dal nuovo regolamento F-Gas, in discussione nei prossimi giorni, che punta alla messa al bando dei gas refrigeranti da parte dell’Ue. La norma potrebbe rendere impossibile installare un impianto di climatizzazione sui balconi, ovvero in 8 case su 10. E chi potrà ancora installarli, vedrà i prezzi salire del 40% per le pompe di calore e triplicare quelli per i climatizzatori. “Le istituzioni italiane ed europee si devono attivare per modificare il provvedimento o sarà un un grosso problema per gli italiani”, conclude Vos.
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