Bani (Arse): “La Ue può abbandonare il fossile, vera transizione sugli edifici”

L’indipendenza energetica dell’Europa non è un miraggio né un argomento da propaganda. Può essere raggiunta entro la metà del secolo abbandonando completamente qualsiasi combustibile fossile”. Riccardo Bani, presidente di Arse, l’associazione per il riscaldamento senza emissioni, non ha dubbi su quale deve essere il percorso della transizione.

Presidente, ma le rinnovabili possono garantire l’autonomia energetica dell’Europa?
“Stiamo vivendo una stagione in cui agli effetti del climate change si aggiungono quelli di una crisi geopolitica ed economica. Uno scenario che sta favorendo la consapevolezza della necessità di utilizzare al massimo le fonti energetiche rinnovabili elettriche e termiche per rendere l’Europa e il nostro Paese quanto più velocemente possibile autonomo, e per accelerare il processo di decarbonizzazione e transizione ecologica. Per raggiungere questo futuro è necessario espandere ovviamente la produzione di energia rinnovabile, le relative infrastrutture – come le reti elettriche – e agendo contestualmente sull’elettrificazione dei consumi termici attraverso pompe di calore e mobilità elettrica, eliminando gradualmente i combustibili fossili. Ciò pone delle sfide che devono essere gestite con attenzione durante la transizione intermedia”.

Idrogeno e nucleare. Quanto sono concrete queste due opzioni? Quanto sono compatibili con le rinnovabili?
“Temo che soprattutto nel nostro Paese il nucleare richiederebbe anni di pianificazione, progettazione, approvazioni normative e costruzione degli impianti prima di diventare operativo a pieno regime e, sebbene la ricerca stia ricevendo nuovo impulso, ciò che verrebbe programmato adesso, richiederebbe anni prima di poter contribuire in modo significativo alla produzione energetica nazionale. La generazione da fonti rinnovabili unita ad una pianificazione di sistemi di accumulo rappresentano la migliore soluzione, sia sotto il profilo economico che temporale, per la transizione energetica verso la decarbonizzazione. L’idrogeno verde potrebbe rappresentare un importante alleato come soluzione di storage a livello stagionale per il sistema elettrico, non come vettore da utilizzare per la combustione, soluzione che richiederebbe ingenti risorse finanziarie. La sfida principale è però prioritariamente utilizzare direttamente l’elettricità rinnovabile e per questo l’elettrificazione dei consumi termici (pompe di calore EV) è fondamentale che proceda di pari passo”.

Arse è la prima associazione italiana che si impegna a combattere l’utilizzo dei combustibili fossili impiegati per il riscaldamento degli edifici, puntando alla promozione dell’energia geotermica. Si è molto parlato della direttiva case green… La decarbonizzazione del suo settore quanto pesa nei bilanci?
“Io vorrei portare l’attenzione sul tema del riscaldamento degli edifici del nostro Paese. In Italia il riscaldamento degli edifici residenziali, commerciali e pubblici pesa sulle emissioni di CO2 per oltre il 17,7%, secondo i dati di Ispra e se pensiamo all’indipendenza energetica pesa per circa il 40% dei consumi di gas naturale. La parte del leone la fa il riscaldamento residenziale: da solo, infatti, è responsabile del 64% della quantità di PM2,5, del 53% di PM10 e del 60% di CO contribuendo al peggioramento della qualità dell’aria, specie nelle grandi città del Centro-Nord. La maggior parte delle abitazioni italiane (17,5 milioni su 25,5) utilizza il metano, mentre i combustibili solidi (prevalentemente legname) sono impiegati in 3,6 milioni di abitazioni, il riscaldamento elettrico e il gasolio in 1,3 milioni, il GPL in 1,2 milioni di case. Non solo dunque si utilizza ancora troppo il gas per riscaldare, ma si consuma troppo: il parco immobili del nostro Paese è in media più vecchio di quello europeo essendo circa il 60 per cento degli edifici italiani in fascia energetica F o G”.

Il problema dunque è il gas…
“La decarbonizzazione del patrimonio immobiliare italiano passa infatti in prima battuta ovviamente per l’abbandono del gas. Tra le fonti rinnovabili grande potenziale è quello che può essere garantito dalle pompe di calore, in particolare nella soluzione geotermica. La pompa di calore è un sistema da tre a cinque volte più efficiente delle caldaie che garantisce riscaldamento invernale, raffrescamento estivo e la produzione di acqua calda sanitaria. Il fabbisogno di riscaldamento in Italia che può essere soddisfatto dalle pompe di calore geotermiche, che scambiano energia col terreno o con una falda acquifera, è pari a ben 4,9 Mtep, che si tradurrebbe in una riduzione del 7% dell’import di gas, oltre al 3,1 miliardi di euro di risparmio annuo per le famiglie”.^

La transizione necessita di maxi investimenti nelle reti, negli stoccaggi di energia rinnovabile e nell’adeguamento del sistema produttivo alle nuove fonti energetiche. C’è il rischio che qualche industria, magari energivora, non riesca a arrivare al traguardo del 2030 e poi del net zero?
“Il rischio c’è, ovviamente. Però bisogna chiedersi quanto queste industrie abbiano fatto in termini di investimento e sviluppo. Qualche anno fa, pensando alla siderurgia, mai avremmo associato il concetto di sostenibilità, mentre ora l’acciaio green è una scommessa possibile. Esistono, ormai, le tecnologie per una siderurgia a basse emissioni, sia per l’acciaio da riciclo, che per l’acciaio primario, la cui produzione tradizionale è altamente inquinante e climalterante. Abbiamo visto recentemente nascere in Svezia, la prima, vera acciaieria al mondo completamente green, alimentata solo con idrogeno verde. Se le acciaierie rimarranno grigie, ha calcolato Morgan Stanley, i loro profitti potrebbero diminuire fino al 70%. Per altri settori industriali – come ad esempio l’alimentare, il tessile, il farmaceutico – il fabbisogno di calore di processo, oggi ottenuto bruciando combustibili fossili, può essere anche qui prodotto attraverso l’elettrificazione con pompe di calore ad alta temperatura, fino ai 100 °C, e contestuale autoproduzione da fotovoltaico. Questa strada consente di rafforzare l’autonomia energetica, ridurre la volatilità dei prezzi energetici sul prodotto finito e la richiesta di investimenti sulla rete elettrica”.

Anche la Bce dice che gli Stati, già iperindebitati, non possono finanziare la transizione. Christine Lagarde invoca incentivi per investimenti privati. Servirebbe un grande fondo europeo come l’Ira statunitense? Sarebbe comunque altro debito…
“Appunto, se dall’altra parte dell’oceano è stato messo in piedi un fondo come l’IRA è francamente difficile pensare che in Europa la risposta possa essere lasciata ai singoli stati, alla buona volontà dei consumatori e al libero mercato. L’IRA non risolve tutti i problemi per gli investitori che vogliono investire nelle tecnologie pulite. I problemi legati alle autorizzazioni, le pressioni inflazionistiche, i problemi della catena di approvvigionamento e la coda per l’interconnessione alla rete rimangono tutti problemi persistenti. E qui da noi la situazione sarebbe analoga. L’approccio delle incentivazioni è efficace, ma è l’abbinamento con la regolamentazione che può accelerare ulteriormente i progressi. Ad esempio, il meccanismo di tariffazione del carbonio dell’UE ha contribuito a spostare il mix energetico verso le energie rinnovabili”.

Servirebbero bonus fiscali?
“Bonus fiscali più premianti per gli interventi di vera decarbonizzazione tramite l’elettrificazione dei consumi, sarebbero più incisivi rispetto a quanto adottato sino ad oggi. Quello che l’IRA negli Usa garantisce, e che spesso viene a mancare in Italia, è una politica stabile e a lungo termine; gli sviluppatori di energie rinnovabili ora hanno maggiore fiducia negli Stati Uniti e dunque l’outlook di capacità di generazione solare ed eolica negli Usa è molto positivo. Il debito a sostegno di investimenti che generano riduzione dei prezzi o efficienza energetica è a mio avviso “debito buono” che potrebbe essere sostenuto anche da un fondo di garanzia per ridurne i costi e libererebbe anche risorse di investitori privati”.

 Il nemico pubblico numero uno delle imprese in questo momento è il credito più caro per fare investimenti o la burocrazia e certe leggi europee e italiane che fanno perdere tempo e competitività?
“Per raggiungere gli obiettivi 2030 nel contesto della transizione ecologica si impone l’adozione di una strategia più incisiva. Prendiamo l’installazione di impianti a fonte rinnovabile: nel caso del solare, i tempi per il cosiddetto ‘permitting’ sono passati da una media di 17 mesi tra il 2019 e il 2022 a 22 mesi nel 2023, con un tasso di autorizzazione al 16%. Per l’eolico, il processo di autorizzazione si protrae per oltre tre anni e mezzo, precisamente 43 mesi, sia nel 2023 che nella media del periodo 2019-2022. Per il biometano da Forsu si superano i quattro anni. Dunque non è solo un problema di fondi e credito”.

Il governo sta smuovendo qualcosa, no?
“Ben vengano le semplificazioni normative. Per il settore geotermoelettrico, ora le Regioni hanno la possibilità di richiedere ai titolari delle concessioni esistenti la presentazione di un piano di investimenti a lungo termine, focalizzato sia sui territori sia sul settore stesso. Questo piano deve ricevere l’approvazione dall’ente competente per poter procedere con la revisione dei termini della concessione. Inoltre, le procedure di gara per l’attribuzione delle nuove concessioni geotermoelettriche saranno avviate con due anni di anticipo rispetto alla scadenza delle concessioni attualmente in atto, sincronizzandole tutte al 31 dicembre 2026. Questo cambiamento mira a incentivare gli investimenti e a rafforzare lo sviluppo del settore geotermico”.

Valentina Innocente

Recent Posts

Prezzo gas tocca i massimi da un anno: la Russia chiude i rubinetti verso l’Austria

Che coincidenza. Il governo tedesco stoppa un carico di Gnl proveniente dalla Russia e Gazprom…

15 ore ago

Cop29, nasce Baku Climate and Peace Action Hub: c’è anche il Piano Mattei

La presidenza della Cop29 è stata incaricata di ospitare il Baku Climate and Peace Action…

1 giorno ago

Trasporti, Schlein: Italia paralizzata dai ritardi dei treni, governo chieda scusa

“Mentre Salvini straparla di qualsiasi argomento, perfino sui satelliti di Musk e sulla giornata della…

1 giorno ago

Lite Meloni-Schlein su Fitto. La dem: “Stallo creato da Vdl e Ppe, allargano a destra”

Non si placa lo scontro a distanza tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Questa volta,…

1 giorno ago

Fvg, Wwf: Petizione trilingue per il Tagliamento: è in pericolo con nuove opere

A seguito dell'appello degli esperti internazionali, 800 residenti in 35 diversi paesi, le associazioni regionali…

1 giorno ago

Ue, Tajani vede Weber: Necessario approvare nuova Commissione in tempi previsti

"Grazie a Manfred Weber e agli amici della CSU per il proficuo incontro di oggi…

1 giorno ago