Le fonderie sono fra le aziende energivore per eccellenza, e dunque fra quelle più in difficoltà per la crisi energetica in corso. Ma sono anche fra i motori della sostenibilità, dell’economia circolare e della transizione ecologica. Parola di Fabio Zanardi, presidente di Assofond, associazione di Confindustria, che in un’intervista a GEA, a margine del 36esimo Congresso Nazionale Fonderia in corso a Torino, racconta la situazione attuale del comparto e le prospettive future.
Presidente, quale è il focus di questo Congresso?
“In questo momento è fondamentale farci forza e fare sistema sulle condizioni avverse che stiamo affrontando. I lavori sono legati alle poche e non piacevoli sicurezze che abbiamo che si chiamano soprattutto inflazione e incertezza. Cercheremo di inquadrare questi temi in modo da riuscire a fare impresa in modo più virtuoso, partendo dagli scenari dei tre pilastri della sostenibilità: People, Planet e Profit”.
Le aziende del vostro settore sono fra le più colpite dai rincari dell’energia. Cosa succederà nei prossimi mesi?
“Il problema lo stiamo vivendo da un anno ormai, oggi il problema delle alte bollette si sta riversando su settori non energivori mentre noi energivori abbiamo già lanciato l’allarme tempo fa. Ormai siamo quasi assuefatti a questa situazione. Per una fonderia media l’energia incideva il 10% del fatturato. Il prezzo ora è quintuplicato, quindi si fa presto a fare i conti. Inevitabilmente per riuscire a sopravvivere abbiamo dovuto aumentare i prezzi. L’inverno che sta arrivando ha il problema non solo dei prezzi e dell’alta volatilità, ma anche quello della disponibilità del gas e quindi si affaccia l’ulteriore incognita di potenziali fermate imposte per mancanza di disponibilità. Oltre alle grandissime incognite sulla tenuta del mercato che ci chiediamo fino a che livello possa reggere”.
Per voi si apre anche il tema della competitività, soprattutto se in altri Stati le imprese riceveranno maggiori aiuti dai Governi…
“Se nel breve termine siamo riusciti a sopravvivere e miracolosamente il mercato è riuscito a reggere nonostante gli aumenti dei costi, è chiaro che nel medio e lungo termine abbiamo una perdita di competitività rispetto al resto del mondo che ci metterà inevitabilmente fuori mercato. La cosa vale per l’Europa verso gli altri continenti, ma in questi giorni vediamo il grossissimo pericolo che si verifichi Europa su Europa. Il piano da 200 miliardi della Germania, anziché una soluzione condivisa europea, rischia di creare degli squilibri anche all’interno del continente che avrebbero effetti devastanti per la tenuta dell’industria e dell’Europa”.
Cosa chiedete all’Europa e al Governo italiano che sta per insediarsi?
“Le industrie hanno già chiesto moltissimo, ci sono già state proposte attraverso il gruppo tecnico energia di Confindustria: maggior impiego di gas nazionale, dare alle aziende una quota di energia rinnovabile a prezzo di produzione e non di mercato… Queste misure ancora non hanno visto attuazione e adesso sembra che l’electricity release vedrà la luce a gennaio. Credo che le aziende abbiano già detto in modo molto efficace quali sono i problemi e spiegato quanto sono strategiche. E devo dire che dalla politica c’è un ascolto e un recepimento del problema. Purtroppo non stiamo verificando nei fatti, soprattutto a livello europeo, una adeguata azione volta a risolvere un problema che potrebbe scoppiarci in mano”.
Un eventuale stop delle fonderie sarebbe un danno anche per la transizione ecologica?
“Le fonderie sono fondamentali per realizzare la transizione ecologica. Un generatore eolico è composto all’80% da fusioni. Le fusioni di ghisa, acciaio, alluminio sono dei manufatti resistenti che mettono il materiale solo dove serve. Costituiscono la massima efficienza dal punto di vista della manifattura e la massima potenzialità di alleggerimento, per esempio nel mercato dei veicoli. Per la fonderia c’è sicuramente un futuro in un mondo che vuole decarbonizzarsi”.
Che ruolo avete, invece, nell’economia circolare?
“La fonderia è con orgoglio, in particolare quella italiana, campionessa di riciclo. Il 95% di ciò che utilizziamo viene o convertito in altri utilizzi come sottoprodotto o utilizzato nella stessa fonderia come materiale di produzione. Un getto di ghisa, alluminio o acciaio può essere riciclato semplicemente prendendo il componente dismesso e ributtandolo in forno per essere fuso e riutilizzato per un numero infinito di volte”.
La situazione attuale, quindi, rischia di frenare anche la corsa verso la sostenibilità?
“Credo che in questi momenti di forte incertezza non dobbiamo comunque perdere di vista l’obiettivo a lungo termine che, pur con tutte le difficoltà, deve essere un mondo con meno emissioni ed ecologicamente più sostenibile. In questa direzione noi dobbiamo andare e continuare a pensare per la nostra evoluzione. Sicuramente la situazione che stiamo affrontando non aiuta e si rischia di perdere la via maestra. L’importante è distinguere tra strategia di lungo termine e tattica”.
Ma è ancora possibile, in questo momento, investire in sostenibilità per le vostre aziende?
“Sicuramente oggi per investire in sostenibilità e risparmio energetico siamo fortemente penalizzati non solo dai prezzi alti, ma anche da questa estrema volatilità. Se volessi investire in una infrastruttura che mi permette di risparmiare costi energetici, se calcolassi con il prezzo che l’energia aveva ad agosto avrei un ritorno dell’investimento in meno di un anno, se invece calcolassi con il costo di questi giorni potrei avere un ritorno in tre anni. In queste condizioni, purtroppo, con gli investimenti ingessati, questo non fa bene a nessuno”.
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