Il 2024 è stato un periodo di notevoli fluttuazioni per le materie prime, con alcuni settori che hanno visto crescite vertiginose, mentre altri hanno subito pesanti ribassi. I mercati finanziari, in particolare quelli americani, hanno registrato andamenti sorprendenti che riflettono una continua evoluzione dei fattori economici globali, tra cui la domanda, le dinamiche geopolitiche e le politiche fiscali.
Al centro dell’attenzione ci sono state le materie prime agricole e alimentari, che hanno visto performance eccezionali. Il caffè ha vissuto un anno da record, con un incredibile aumento del +70,7%, il che ha rispecchiato sia le difficoltà di produzione in alcune aree produttive chiave che una domanda in crescita. Non è stato da meno il succo d’arancia, che ha guadagnato +55,4%, grazie a condizioni meteo favorevoli e a un incremento delle esportazioni, con il mercato statunitense in particolare che ha beneficiato di una solida domanda interna. Anche le materie prime legate all’energia rinnovabile e alla tecnologia hanno visto una crescita significativa. Il germanio, utilizzato nell’industria della microelettronica e sottoposto a limitazioni da parte della Cina, ha registrato un aumento eccezionale di +86,7%, mentre il cobalto, cruciale per le batterie agli ioni di litio, è salito del +28,3%. Ma uno dei veri colpi di scena è stato il cacao, che ha visto un’impennata senza precedenti del +150%, grazie a un aumento della domanda globale e a condizioni meteorologiche sfavorevoli nelle principali aree produttive. Tra le altre materie prime agricole, l’olio di girasole (+55%) e il burro (+28,3%) hanno visto crescite robuste, alimentate dalle difficoltà di approvvigionamento e dall’alto costo dei combustibili, mentre l’olio di palma ha registrato un aumento del +24,8%.
Nel settore energetico, la performance è stata più contrastata. Il petrolio, in particolare, ha visto variazioni tra il -0,9% e il -3,8% tra Wrti e Brent, segnando un anno di relativa stabilità rispetto ad altri mercati, nonostante la continua instabilità geopolitica e le politiche di produzione. Il petrolio russo, tuttavia, ha registrato una buona performance con un rialzo del +13,4%, beneficiando delle politiche di produzione russe e delle strategie di alleanze internazionali. In controtendenza, il gas naturale negli Stati Uniti ha visto un aumento straordinario del +69%, un riflesso diretto della domanda interna e delle difficoltà nell’approvvigionamento globale. Al contrario, in Europa, il gas naturale è aumentato del 46,5%, ma con dinamiche leggermente più favorevoli rispetto a quelle degli Stati Uniti, grazie alla gestione delle risorse energetiche e alle politiche di stoccaggio strategico.
Non tutte le materie prime hanno però goduto di un 2024 positivo. I ribassi più significativi sono stati registrati in alcune risorse minerarie e agricole. Il litio, elemento fondamentale per la produzione di batterie, ha visto un crollo del -22,3%, rispecchiando una correzione dopo anni di forte crescita, mentre il minerale di ferro è sceso di -23,8%, influenzato dalla riduzione della domanda da parte della Cina e dall’offerta abbondante. Anche il grano ha visto un calo del -11,9%, a causa di un surplus di produzione in alcune regioni chiave.
Nel settore industriale, l’uranio ha subito un netto ribasso del -22,7%, dopo un periodo di espansione dovuto alle aspettative di una nuova ondata di investimenti nell’energia nucleare, che non si sono concretizzati come previsto. Il carbone ha registrato un declino del -14,6%, anche se le previsioni indicano una possibile ripresa a medio termine. Il palladio, noto per l’uso nei catalizzatori automobilistici, ha registrato una flessione significativa del -18,8%, così come lo stagno (-13,3%) e il magnesio (-20%), risentendo delle interruzioni della supply chain globale.
In altri settori, la soia ha visto una flessione importante del -23,7%, seguita dal cotone (-14,6%) e dal riso (-21,4%). Queste discese sono state dovute sia alla concorrenza internazionale che alle condizioni di mercato difficili. Al contrario le uova americane hanno registrato un’impennata record, salendo addirittura del 154%, grazie a un aumento dei costi di produzione e alla riduzione dell’offerta causata da problemi sanitari negli allevamenti.
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