Il denaro non cresce sugli alberi. Il prezzo del pellet si è praticamente dimezzato rispetto al boom dell’autunno di un anno fa e il più grande produttore mondiale di ‘trucioli’ per riscaldamento ha annunciato una crisi finanziaria dai risvolti pericolosi per la continuità stessa della società.
La quotazione del pellet è tornata su livelli simili alla primavera 2022, prima della fiammata che aveva dato il via al rally che aveva toccato i 10,5 euro/sacco a settembre 2022 e i 9,2 euro/sacco a gennaio 2023. Ora sul mercato si trovano offerte intorno a quota 6 euro. La discesa dei prezzi è globale, spinta da un’attenuarsi della domanda (per la riduzione dei timori sul gas) e da una ricostituzione della catena di approvvigionamento. Nel luglio 2022, l’Unione Europea aveva risposto alla guerra in Ucraina vietando anche l’importazione di biomassa legnosa russa utilizzata per produrre energia. E, più o meno nello stesso periodo, la Corea del Sud aveva drasticamente aumentato le sue importazioni di biomassa legnosa russa, diventando l’unico importatore ufficiale di pellet di Mosca per uso energetico industriale. La Ue ufficialmente ha sostituito le sue forniture russe importando pellet dagli Stati Uniti e dall’Europa orientale, ma secondo più fonti i dati commerciali hanno indicato una violazione dell’embargo europeo, con pellet di legno russo riciclato che è arrivato nel Vecchio Continente attraverso la Turchia, il Kazakistan e il Kirghizistan.
Le importazioni di pellet dalla Turchia sono cresciute infatti da 2.200 tonnellate mensili della scorsa primavera a 16.000 tonnellate a settembre 2022. Anche le importazioni dal Kazakistan e dal Kirghizistan sono aumentate, sebbene nessuno dei due abbia un’industria forestale. Secondo un’indagine di Montel, testata europea specializzata nell’informazione energetica, l’import di pellet russo vietato via Turchia è andato avanti per mesi. Mosca ha esportato 39.000 tonnellate di pellet di legno in Turchia nei primi quattro mesi del 2023, rispetto a zero nello stesso periodo dello scorso anno, sulla base dei dati forniti a Montel da WhatWood, agenzia dell’industria forestale con sede a Mosca. E le esportazioni della Turchia, principalmente verso destinazioni Ue, sono state pari a 4.200 ton/mese nel periodo gennaio-marzo, in netto calo rispetto alle 21.000 ton/mese del quarto trimestre del 2022, ma comunque superiori alla media di 3.400 ton/mese del primo trimestre dello scorso anno, rivela Montel.
In particolare, l’Italia ha prelevato dalla Turchia circa 1.300 tonnellate al mese nel primo trimestre e ben 5.200 tonnellate mensile negli ultimi tre mesi del 2022, rispetto alle sole 36 tonnellate/mese del primo trimestre del 2022. Prima del divieto di materiale russo e bielorusso, l’Italia importava circa 5.200 tonnellate/mese direttamente dalla Russia, secondo i dati Eurostat. Un trader europeo di biomasse aveva detto a inizio estate – secondo quanto riferiva Montel – che è stato “divertente” vedere come gli acquirenti italiani abbiano “improvvisamente preso in simpatia” la biomassa turca, notando poi notato che i prezzi del pellet di legno erano diventati “molto più bassi” negli ultimi mesi, “quindi gli italiani possono acquistare pellet altrove”.
Chi aveva festeggiato per l’embargo sul pellet russo era stata subito l’americana Enviva, il più grande produttore mondiale di biomassa legnosa, che opera principalmente nel sud-est degli Stati Uniti: dall’inizio della guerra aveva aumentato le spedizioni verso la Ue e aveva anche annunciato un maxi contratto di 10 anni con un cliente europeo per consegnare 800.000 tonnellate di pellet all’anno entro il 2027. L’aggiramento dell’embargo e un clima più mite hanno però scombussolato le prospettive del colosso statunitense del pellet, che ora sta perdendo liquidità e attraversando seri problemi finanziari, hanno detto i dirigenti dell’azienda in una conferenza sugli utili del terzo trimestre 2023. “Queste condizioni ed eventi nel complesso sollevano dubbi sostanziali riguardo alla capacità della società di continuare”, si legge in un rapporto del gruppo inviato alla Sec, gli sceriffi di Wall Street. Enviva ha registrato una perdita netta di 85,2 milioni di dollari nel terzo trimestre di quest’anno, rispetto a un -18,3 milioni di dollari nel terzo trimestre del 2022. Anche se l’azienda ha venduto più tonnellate di pellet di legno quest’estate, un “ambiente di prezzi sfavorevole” ha portato a un calo dei guadagni del 50%. La crisi finanziaria potrebbe persistere fino al 2025, afferma il rapporto Sec della società. “Enviva generalmente registra un aumento del consumo di pellet di legno in inverno, quando la domanda di riscaldamento è elevata”, continua il report. “Questa dinamica, particolarmente pronunciata nel quarto trimestre del 2022, fino ad oggi non si è concretizzata nel 2023”. Ad aprile 2022 il prezzo delle azioni di Enviva aveva raggiunto il picco di 89,64 dollari per azione, ora è sceso a 1,6 dollari.
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