“La direttiva Ue sulle Case green rischia di trasformarsi in una maxi-stangata a carico dei cittadini italiani, con la spesa per le ristrutturazioni degli edifici privati che potrebbe raggiungere quota 108 miliardi di euro”. E’ l’allarme lanciato dal Codacons che, dopo la decisione del Parlamento Europeo, ha simulato le spese cui dovranno andare incontro i proprietari di abitazioni. Gli interventi di riqualificazione energetica previsti dall’Ue riguarderanno il cappotto termico, la sostituzione degli infissi, le nuove caldaie a condensazione e i pannelli solari, spiegava l’associazione. Il cappotto termico, ad esempio, ha un costo medio compreso tra i 180 e i 400 euro al metro quadrato, mentre per gli infissi la spesa varia in media da 10 a 15mila euro. Per una nuova caldaia a condensazione, considerata una abitazione da 100 mq, la spesa va dai 3mila agli 8mila euro, il doppio se la caldaia è ibrida e con pompa di calore, analizza il Codacons . Per un impianto fotovoltaico da 3 kW la spesa da sostenere è di circa 7.500-10.500 euro, a seconda del tipo di pannelli fotovoltaici utilizzati. “Gli interventi di riqualificazione energetica previsti dall’Ue determinerebbero quindi un costo medio tra i 35mila e i 60mila euro ad abitazione, con una spesa per la collettività, considerando 1,8 milioni di edifici interessati dalla misura”, conclude l’associazione. Mario Rovetti, docente di diritto tributario all’università di Torino, da tempo mette in guardia contro il rischio speculazioni, com’è già accaduto col Superbonus, e ne ha parlato con GEA.
Professore, assisteremo a una raffica di rincari com’è successo con i materiali legati a cantieri e lavori in casa durante il 110%?
“La direttiva case green, al di là della sua bontà, dovrebbe essere governata da una nuova authority o almeno da un’autorità di controllo già esistente. In Italia abbiamo una grande risorsa come la Guardia di Finanza, formata da personale iper-specializzato, capace di controllare ed eventualmente punire chi specula. Il rischio è quello di vedere salire i prezzi in maniera ingiustificata”.
Lei dice così per l’esperienza del Superbonus?
“Certo. Le future regole non dovranno replicare il Superbonus, dove non c’era contrapposizione di interessi tra proprietario e impresa esecutrice dei lavori. Sarebbe sufficiente che eventuali bonus,
nazionali o europei che siano, vengano riconosciuti in misura inferiore al 100%, così quella parte di spesa che resta a carico del proprietario lo indurrà a cercare la migliore trattativa possibile. E i prezzi soggiaceranno alla regola della concorrenza, senza schizzare pazzamente verso l’alto.
E col Pnrr a che punto siamo?
“Stesso ritornello. I fondi che i comuni hanno per l’informatizzazione dei loro siti hanno già fatto rincarare i costi dei servizi… Sono stato assessore tempo fa in un piccolo Comune, e gli 8000 euro spesi in allora per un determinato servizio ora sono diventati 30mila. Occorrono controlli serrati”.
Tutti questi fondi fanno aumentare l’inflazione?
“Sì, certamente. Pur non essendo possibile calcolare con esattezza la spesa che i proprietari dovranno affrontare, si parla di cifre del tutto incompatibili con il bilancio nazionale, ma anche con quello europeo. Sarebbe uno tsunami sui prezzi”.
Si rischia il mix inflazione-speculazione?
“Il nostro patrimonio immobiliare è vecchissimo; si stima che il 60% degli immobili esistenti sia in classe F o G, e questi saranno i primi a dover rientrare in classe E. Bisogna fare in modo che ogni progetto sull’efficientamento degli edifici sia pilotato e gestito da un’autorità con poteri di polizia e non affidato al libero mercato”.
Lei ha ipotizzato la creazione di una Agenzia delle uscite, potrebbe avere un ruolo?
“Forse non direttamente nell’affaire Case green, dove serve piuttosto un’Autorità ad hoc che tenga sotto controllo prezzi e speculazioni. Ma nel sistema, un’Agenzia delle uscite, costituita dalla rete dei comuni, servirebbe eccome. Con 2800 miliardi di debito pubblico, con la spesa per interessi che costa più della spesa per istruzione, non si può scherzare col fuoco”.
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