Il gas, l’incubo razionamenti e l’Europa che deve essere forte e coesa

No, non è più solo questione di condizionatori da tenere un paio di gradi più alti per salvaguardare la pace (cit. Mario Draghi). Il profilo dello scontro tra la Russia e il Resto d’Europa si è alzato fino alla chiusura dei rubinetti del gasdotto Nord Stream da parte di Mosca, con la scusa di una banalissima causa tecnica. Quello che molti in Ue temevano (forse) si sta avverando in piena estate, con le colonnine del termometro impazzite per colpa di un cado africano e con lo spettro di un inverno non semplice da affrontare sotto il profilo del riscaldamento. Condizionatori & termosifoni: sembra un claim di una campagna pubblicitaria ma in realtà è la premiata ditta di parecchie preoccupazioni.

Putin non starà vincendo la guerra, anzi comincia ad avere qualche serio problema, però si sta attrezzando per rendere a tutti la vita un po’ più grama. A riavvolgere il nastro della memoria, lo zar avrebbe dovuto andare in default a stretto giro e capitolare poco dopo, le sanzioni ‘sparate’ a cannone una dopo l’altra avrebbero dovuto prima fiaccarlo, poi piegarlo, poi ridurlo a miti consigli. Nemmeno in questo caso, come per l’invasione dell’Ucraina, sta andando come previsto. In compenso i mercati finanziari sbandano, si è arrivati alla parità euro dollaro e il rublo non è diventato carta straccia.

Ma torniamo al gas. È automatico che se davvero la Russia dovesse tagliare le forniture si andrebbe verso un razionamento che coinvolgerà famiglie e imprese, con molti disagi e – soprattutto – il rischio di uno stallo a livello economico. Ora: è vero che l’Italia si è portata avanti con gli stoccaggi (siamo intorno al 65%) ed è vero che è stata condotta una nevrile politica di diversificazione dei ‘pusher’ (Africa e Medio Oriente, soprattutto: accordi, però, non immediati) ed è sempre vero che la strategia del price cap potrebbe sortire effetti importanti e da non sottovalutare, ma al momento la situazione è critica. E più passa il tempo e più diventa critica. Anche perché l’Europa è unita a chiacchiere, meno nei fatti. In un momento di massima delicatezza, purtroppo pochi posseggono una visione d’insieme e molti pensano a loro stessi. Orban? Non solo lui, stavolta… La lista, purtroppo, è lunga. Invece mai come adesso servirebbe un’Europa forte, coesa, senza ‘fessurine’.

Nadia Bisson

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