Sarà il tempo a stabilire se l’accordo ‘storico’ strappato per i capelli alla Cop28 è davvero ‘storico’ oppure si rivelerà una scappatoia abbastanza comoda da una situazione scomodissima. Sarà ancora il tempo a renderci edotti sul futuro, se davvero da qui al 2050 riusciremo a fare a meno dei combustibili fossili e arriveremo alla neutralità carbonica, oppure se andrà come è andata negli ultimi anni. Ci sia consentito un filo di prudenza: anche nel 2015, a Parigi, gli Accordi per preservare il pianeta furono giustamente celebrarti e definiti storici per poi accorgersi, però, che si fa fatica a mantenere le promesse fatte. E che la causa climatica è adattabile agli interessi diversi delle nazioni.
Su tutto e sopra tutto, c’è il paradosso di Dubai. Un paradosso così paradossale da genera dubbi. A dare l’annuncio degli accordi sui fossili, con sorriso larghissimo e un carico sorprendente di entusiasmo, è stato il presidente Sultan al Jaber, lo stesso che – nella veste di amministratore delegato di Adnco – ha sostenuto recentemente che senza petrolio e gas si tornerebbe all’età delle caverne. Domande. Cosa è successo nel frattempo? E cosa gli è successo? Cosa ha portato ad allinearsi Paesi produttori, Paesi in via di sviluppo, Europa? E’ come se, mutuando la metafora – si sia passati alla clava all’intelligenza artificiale in un batter di ciglia. La risposta alle domande per adesso non c’è, anche se viene conferita molta importanza alla ‘transition way’, che significa passaggio da petrolio e gas a nuove fonti energetiche, come le rinnovabili, l’idrogeno, il nucleare. In quanto? Meno di trent’anni, che sembra un lasso di tempo enorme invece è qualcosa di assolutamente ravvicinato.
Tra la Cop28 e la realtà c’è poi Claudio Descalzi. In una intervista a il Sole 24 Ore, l’amministratore delegato di Eni ha evidenziato come sia indispensabile agire subito per la transizione verde ma come sia anche impossibile pensare di fare a meno di gas e petrolio, persino del carbone, a stretto giro di posta. Lucido e razionale, come sempre. Ci sono imprese e famiglie da tutelare, il percorso non sarà un’autostrada in discesa bensì una strada di montagna. L’energia, attualmente, viene prodotta all’80 per cento attraverso l’uso di combustibili fossili e per poco più del 10% da rinnovabili. Il passaggio è sì obbligato ma non immediato, le rigidità non possono fare parte di un piano evolutivo che ignori il contesto mondiale e i diversi interessi. Altre vie debbono essere perlustrate, dall’idrogeno allo stoccaggio della Co2, dall’efficienza energetica alla fusione nucleare. Descalzi ha usato il buonsenso, non ha fatto proclami. E’ la teoria del fare che si contrappone al (geo)politichese delle promesse.
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