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L’autogol di Gazprom nel calcio europeo e le sponsorizzazioni fallite

Un’illusione infranta al novantesimo minuto, con l’autogol di un giocatore sulla cui maglia campeggiava uno sponsor ansioso di ritornare sui campi della Champions League: Gazprom. Con l’eliminazione della Stella Rossa di Belgrado alla fase di qualificazione nello scontro con gli israeliani del Maccabi Haifa, il colosso energetico russo che negli ultimi 15 anni ha fatto del calcio la sua migliore vetrina ha perso l’ultima occasione per mettere in crisi il sistema Uefa e ripresentarsi alla maggiore competizione europea, da cui è stato estromesso dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca.

Il fallimento sportivo di Gazprom ha trovato nella serata del 23 agosto al leggendario Marakana di Belgrado il suo culmine, in un 2022 segnato dalla decisione dell’Uefa (l’Unione delle federazioni calcistiche europee) di escludere i club russi da tutte le competizioni continentali e di porre fine alla partnership da 45 milioni di euro proprio con Gazprom, sia a livello di club sia a livello nazionale. L’accordo era stato siglato nel 2012 con la sponsorizzazione della Champions League e degli Europei del 2020 e si sarebbe dovuto protrarre fino al 2024, con le finali della Nations League 2021 e 2023, Euro 2024, la Champions League, la Supercoppa e le finali di Champions League futsal e della Youth League. Mentre l’Unione Europea sta affrontando i continui tagli delle forniture di gas da parte di Gazprom, l’ultima porta d’accesso al calcio europeo era rappresentata proprio dalla multinazionale energetica controllata dal governo russo, sponsor di tre squadre in Europa.

Dello Zenit San Pietroburgo Gazprom non è solo sponsor principale ma anche proprietario. L’ascesa della compagnia energetica è iniziata nel dicembre 2005 con l’acquisto della squadra di cui è tifoso Vladimir Putin e la successiva conquista della Coppa Uefa 2007-2008 e della Supercoppa Uefa 2008. Lo Zenit gioca alla Gazprom Arena, stadio dove si sarebbe dovuta disputare la finale di Champions League dello scorso 28 maggio (spostata poi allo Stade de France di Saint-Denis a Parigi), e in qualità di vincitore del campionato russo avrebbe avuto diritto alla partecipazione alla fase a gironi della Champions League 2022/2023. La decisione arrivata da Nyon a maggio impedirà però alla squadra del colosso energetico di presentarsi sui campi della massima competizione europea.

La seconda squadra europea di cui Gazprom è diventato sponsor è stato lo Schalke 04 di Gelsenkirchen, città tedesca cruciale nello scacchiere energetico continentale, dove nel 2011 è stato costruito il gasdotto Nord Stream 1 per trasportare il gas russo nell’Europa occidentale attraverso la Germania. Quattro anni prima l’azienda statale russa era diventata il partner principale del club, con un accordo da 15 milioni di euro a stagione in Bundesliga (9 in seconda divisione dal 2020). Per lo Schalke 04 la guerra del Cremlino in Ucraina ha significato la rinuncia alla sponsorizzazione, prima con l’eliminazione di ogni riferimento sul kit di divise ufficiali e poi con la rescissione del contratto con scadenza al 2025 (sostituito da quello con l’azienda immobiliare tedesca Vivawest).

Il sogno di Gazprom di mettere in difficoltà il sistema Uefa – e l’Europa in generale – si è infranto definitivamente allo stadio Rajko Mitić di Belgrado. Nel 2010, dopo la rilevazione delle quote di maggioranza della Nis (l’azienda petrolifera di Stato serba), il colosso energetico russo è diventato anche lo sponsor di punta della Stella Rossa: l’accordo da circa 19 milioni di euro fino al 2022 è stato rinnovato in estate e ritoccato a rialzo, a 4 milioni netti a stagione. L’Uefa non ha mai imposto alla squadra più titolata di Serbia di abbandonare la partnership con Gazprom, ma è significativo il fatto che la dirigenza del club si sia scagliata contro ‘l’isteria anti-russa’ nel mondo dello sport, seguendo a livello calcistico le scelte del governo di Belgrado di non allinearsi alle sanzioni internazionali contro Mosca e di mantenere vivo l’accordo sulle forniture di gas. Che passano proprio da Gazprom.

(Photo credits: ANDY BUCHANAN / AFP)

Nadia Bisson

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