I prezzi del pellet sono raddoppiati e i consumatori talvolta lamentano difficoltà nel reperire i sacchetti. Come siamo arrivati a questa situazione? “Le cause sono molteplici”, spiega Annalisa Paniz, direttrice di Aiel – Associazione Italiana Energie Agroforestali: in primo luogo, l’approvvigionamento italiano dipende dalle importazioni, che prevalgono rispetto alla produzione nazionale. Ovviamente il bando alle importazioni di legname proveniente da Russia e Bielorussia e la riduzione dei flussi ucraini hanno determinato una contrazione diretta del nostro mercato non inferiore al 10% delle quantità commercializzate annualmente nel nostro Paese. Le sanzioni economiche, invece, hanno comportato una riduzione di materia prima idonea alla produzione di pellet, la cui lavorazione negli stabilimenti europei rendeva disponibili ingenti quantità di scarti e residui (segatura) da cui era possibile produrre pellet.
Allo stesso tempo, aggiunge Aiel, Regno Unito, Paesi baltici ed Europa centro-settentrionale, che si approvvigionavano di più da Russia e Bielorussia, hanno ridotto le proprie esportazioni per soddisfare i fabbisogni interni, così i flussi d’export residui hanno subìto repentini rialzi di prezzo. A livello europeo, l’interruzione dell’approvvigionamento da Russia, Bielorussia e Ucraina ha creato una carenza complessiva stimata in circa 3 milioni di tonnellate di pellet. Paesi come Bosnia Erzegovina, Ungheria e Serbia hanno a loro volta introdotto misure protezionistiche per tutelare i propri mercati interni, accentuando in questo modo le difficoltà del commercio internazionale.
La competizione si è poi aggravata dal fatto che è cresciuta la domanda da parte del settore industriale, rappresentato dalle grandi centrali nord-europee alimentate a biomasse per la produzione elettrica e cogenerazione, costrette a puntare sul pellet a causa dello choc dei prezzi energetici. Ecco perché, ad oggi, “il segmento premium (domestico) – dice Paniz – si trova a non poter competere con i prezzi per la concorrenza del settore industriale di Paesi come Regno Unito, Belgio, Danimarca e Paesi Bassi disposto all’acquisto anche a prezzi molto elevati, comunque convenienti rispetto ad altre opzioni energetiche”.
Infine, tra le cause dei rincari, va annoverato l’aumento della domanda in Europa, dovuto all’andamento positivo delle vendite e delle nuove installazioni di generatori di calore a pellet (stufe e caldaie) in alcuni Paesi, in particolare Francia e Austria. Solo che la domanda si è sviluppata velocemente e l’offerta deve ancora reagire e adattarsi ai nuovi livelli richiesti dal mercato.
Quando tornerà allora il sereno? Secondo Aiel “sarà difficile che la situazione attuale possa risolversi quest’inverno, quando i flussi d’importazione da Paesi come Germania, Austria e Paesi baltici diminuiranno fisiologicamente”. Tutte le associazioni europee concordano sul fatto che il mercato europeo del pellet saprà reagire alle attuali sollecitazioni con un aumento dei livelli produttivi, anche se i processi di adeguamento dei livelli d’offerta avranno bisogno di tempo per essere realizzati compiutamente. È prevista per il 2023 l’inaugurazione di 11 nuovi impianti produttivi in Austria, in Francia la capacità produttiva nazionale potrebbe addirittura raddoppiare entro il 2028 e anche in Italia si registra un nuovo e recente interesse per l’insediamento di nuovi impianti locali di produzione di pellet.
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