Se price cap dovrà essere, che sia europeo e non italiano. Parole e musica di Roberto Cingolani. Il ministro della Transizione ecologica, ai microfoni di Radio24, torna con forza su uno dei temi più caldi del momento, con l’incertezza sui futuri approvvigionamenti energetici dovuti alla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, che ha portato ai pacchetti di sanzioni Ue verso Mosca, tra i principali fornitori dei Paesi del Vecchio continente. In particolare dell’Italia. “La madre di tutte le battaglie è il limite al prezzo del gas non nazionale ma internazionale”, sottolinea Cingolani. Che avverte: “Se fosse nazionale, gli esportatori non venderebbero più in Italia perché non gli converrebbe”. Ecco perché “stiamo facendo una battaglia a livello europeo”. Al suo fianco si schiera anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che da Zagabria, dove si è svolta la Trilaterale dell’Alto Adriatico con gli omologhi di Slovenia e Croazia, rilancia: “Chiediamo alla Ue di accelerare tutte le iniziative che servono per tutelare famiglie e imprese: il tetto massimo al prezzo del gas”.
Il responsabile della Farnesina spiega che, “a maggior ragione” oggi che c’è in ballo l’ipotesi di un blocco dell’import di gas dalla Russia, dopo la strage di civili a Bucha, in Ucraina, durante il ritiro delle truppe russe, “è importante che il price cap venga stabilito il prima possibile”. Da associare a “un fondo compensativo per aiutare famiglie e imprese europee che stanno pagando l’impatto e il costo di questa guerra”. Nel governo l’idea di un embargo totale del gas russo viene considerata una strada “percorribile”. Almeno stando alle parole del ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, in un’intervista alla Stampa, “perché entriamo in una stagione in cui viene usato meno gas e perché stiamo affrontando bene la diversificazione dei nostri approvvigionamenti”. Ma, sottolinea il capodelegazione M5S, “i Paesi europei però devono aiutarsi a vicenda, agevolando chi ha un maggior danno dalle sanzioni o dall’embargo”. Una linea che si rivela abbastanza trasversale: “Bisogna avere una strategia a medio e lungo termine. Io penso soprattutto all’estrazione del gas nel nostro Paese – e il governo sta andando nella giusta direzione – ma anche all’acquisto di stock europei e a un tetto europeo del prezzo del gas”, dice ad esempio Antonio Tajani a Gea.
Chi la pensa diversamente è la Germania, che “nel breve termine” ritiene le forniture di gas russe “non sostituibili”. Interromperle, sottolinea il ministro dell’Economia Robert Habeck, “ci danneggerebbe più della Russia”. Da Berlino arriva anche l’annuncio che il governo ha assunto temporaneamente il controllo della filiale tedesca del colosso russo Gazprom, per la sua “importanza per l’approvvigionamento” di energia. Anche se, è bene chiarirlo, l’azienda aveva già comunicato venerdì scorso la scelta di uscire dalla sua controllata.
Tornando all’Italia, in attesa di una linea comune europea sia sull’embargo all’import energetico dalla Russia e al price cup sul gas, va avanti il lavoro sulle rinnovabili, altro asset su cui il Paese intende puntare. “Non abbiamo alternative all’indipendenza, e l’emergenza ecologica è altrettanto importante. Tutti parlano di rinnovabili, ma il tempo delle chiacchiere è finito. Ora bisogna vedere se tutti ci credono”, tuona Cingolani, che avverte: “C’è una discussione in corso in conferenza Stato-Regioni, a breve incontreremo anche le Regioni più interessate. Ma si deve arrivare a un punto di sintesi. Non abbiamo molto tempo. Ci sarà una discussione serrata, poi a un certo punto bisognerà prendere le decisioni”. L’argomento è al centro anche dell’intervento dell’amministratore delegato di Enel, Francesco Storace, al convegno organizzato da Fondazione Merita in collaborazione con Matching Energies Foundation dal titolo ‘Il ruolo del Mezzogiorno per la sicurezza energetica italiana ed europea’: l’idea che lancia è “creare task force, regione per regione, per dare una mano alle amministrazioni pubbliche” a smaltire le domande di autorizzazioni ancora, colpevolmente ferme.
Il manager usa i numeri per farsi capire: “Se soltanto 60mila di 95mila gigawatt di fonti rinnovabili venissero autorizzati, si svilupperebbe un investimento di 80 miliardi, che vanno ad aggiungersi al Pnrr e genererebbero alla fine, nel giro di qualche anno, un quantitativo di energia pari a circa 90 terawattora e quindi ridurrebbero in maniera drastica di circa l’80% l’attuale produzione energetica elettrica Italia servita da gas. Quindi farebbero crollare i consumi di gas di circa 20 miliardi di metri cubi all’anno”. E tutto questo potenziale è sviluppato solo su 5 regioni: Molise, Puglia e Basilicata, Sicilia e Sardegna. La discussione è avviata e il tempo delle decisioni si avvicina. Quantomeno non è più rinviabile.
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