Stagione sciistica a rischio tra aumenti, per via degli alti costi dell’energia, e chiusure settimanali. Gli operatori del settore sono in allarme a fronte di bollette che sembrano triplicare rispetto al 2021 in una stagione 2022-2023 che sarebbe dovuta essere essere quella della rinascita e del boom dopo i due inverni difficili caratterizzati dalla pandemia da Covid. “Se chiudiamo noi muore tutta la montagna e non vogliamo prenderci questa responsabilità, si tratta di posti di lavoro. Ma qualcuno dovrà pagare le nostre bollette perché non ce la si fa”, ammette a GEA Valeria Ghezzi, presidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari (Anef). I dati parlano di costi di bollette triplicate, in base poi ai diversi contratti siglati negli anni con le aziende di energia: chi a stagione pagava 1 milione di euro ora ne pagherà 3, chi ne pagava 400mila ora sfiora 1-1,2 milioni. A poche settimane dall’avvio della stagione invernale, già si annunciano aumenti delle tariffe delle strutture ricettive e della ristorazione, con un incremento fino al 10% del costo dello skipass e costi per l’innevamento programmato con i cannoni. Ma c’è anche chi valuta se, con un ulteriore aumento dei costi dell’energia, non sia opportuno alzare bandiera bianca, e saltare la stagione. “È una provocazione, ovviamente, ma se nella sola stagione estiva a fronte di 500mila euro di guadagni 300mila euro sono spesi in bollette, è ovvio che i conti esplodono”, spiega Nicola Bosticco, amministratore delegato della Colomion, società che gestisce i 20 impianti di risalita a Bardonecchia, rinomata località sciistica nel Torinese. Quello che manca, secondo Bosticco, è un ragionamento di settore che preveda, ad esempio, dei prezzi calmierati sull’energia per 5 mesi. “La nostra stagione dura 5 mesi, è vero, ma in quei 5 mesi facciamo il 70 percento delle nostre bollette”, precisa Ghezzi. Per questo, come Anef, si è chiesto che gli impianti di risalita vengano inseriti nel pacchetto di misure per le aziende energivore. “Siamo in un momento di impasse, senza interlocutori al governo – aggiunge – ma continueremo a chiedere. Perché se chiudiamo noi si ferma tutto: dal maestro di sci al servizio noleggi, dalle baite fino agli alberghi e ristorante. E la montagna muore“.
Per ora, l’imperativo, come in tutta Italia, è cercare di contenere i costi. A Bardonecchia si cercherà di ridurre la velocità o, alla peggio, di chiudere gli impianti in settimana favorendo il week end e i giorni festivi tra dicembre e gennaio. Senza considerare un quasi certo ritocco verso l’alto dei prezzi degli skipass previsto per novembre, quindi prima della stagione vera e propria: è la soluzione a cui sta guardando Giovanni Brasso, presidente della Sestriere spa. Per il comprensorio delle valli olimpiche, dunque, si prevede un aumento del giornaliero di almeno il 7 percento, portando il costo da 41 euro a 42-44 euro. “Con un ritocco dei prezzi, con una doverosa operazione di risparmio energetico sugli impianti, e sacrificando gli utili dovremmo resistere, se la situazione non peggiora”, cerca di essere ottimista Brasso, anche se, è evidente, “c’è molta preoccupazione”. Di certo, a fronte di una maggiorazione dei prezzi, “toccheremo i nostri utili, perché siamo imprenditori, e siamo chiamati anche reggere nei momenti più bui”. E poi, se le famiglie sono chiamate a risparmiare è giusto che lo si debba fare tutti. “Questo – continua Brasso – non vuol dire sacrificare la stagione ma fare uno sforzo, ad esempio, nelle giornate di tempo brutto rallentando gli impianti o fermando 2 o 3 nei giorni feriali”.
Sull’altro versante delle Alpi, ad esempio, per sciare sulle piste del Dolomiti Superski tra Natale ed il 7 gennaio, il giornaliero per un adulto costerà 74 euro (lo scorso anno era 67 euro). A Pila in Val d’Aosta hanno optato per la tariffa unica dall’apertura alla chiusura con il costo del giornaliero a 50 euro. A Cervinia nel periodo di Natale un giornaliero internazionale (collegamento con Zermatt) costerà 81,50 euro.
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