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Il legame che unisce Falcone, la Dia e gli attentati all’ambiente

30 anni fa la Strage di Capaci segnò in maniera profonda e sconvolgente la storia del nostro Paese: con il clamoroso attentato che uccise Falcone e la sua scorta, la mafia portò alla luce del sole la guerra allo Stato.

Cosa hanno a che fare questo evento e quella stagione drammatica, che un paio di mesi dopo portò all’uccisione di Paolo Borsellino, con l’ambiente e con Pianeta Natura? Molto, moltissimo. Anzi, questo trentennale è l’occasione per comprendere quanto siano urgenti e fondati gli appelli di scienziati e attivisti che da decenni implorano una pianificazione, una strategia politica ed economica sostenibile. Ma perché?

Proviamo a vederlo in maniera schematica e semplificata.

La DIA, Direzione Investigativa Antimafia, nacque nel 1991, un anno prima della strage di Capaci, proprio grazie a un’intuizione di Falcone. E la DIA da allora si occupa costantemente di traffico di rifiuti, di veleni nascosti, interrati, smaltiti in maniera illegale dalle grandi multinazionali del crimine organizzato, in generale di attentati all’ambiente. Perché i rifiuti hanno un valore enorme: basta vedere quanti animali si concentrino su una qualunque discarica: perché c’è cibo, ci sono risorse di ogni genere. Non a caso, secondo tutti gli organismi internazionali, le strategie future devono essere mirate allo sviluppo dell’economia circolare, ovvero alla realizzazione di processi industriali che prevedano sin dalla progettazione come utilizzare i materiali che compongono quel singolo oggetto alla fine del ciclo di vita in quella forma e per quell’uso.

Le materie prime hanno un valore enorme e un costo, umano e ambientale, da ridurre con il loro riutilizzo ciclico. Inoltre, proprio perché i rifiuti e i veleni impattano in maniera pesantissima sulla salute umana e in generale dell’ambiente, il loro smaltimento nelle dinamiche attuali ha costi enormi: denaro che fa gola a molti, peso economico che raramente viene conteggiato quando si valuta la convenienza di un certo prodotto rispetto ad altri più sostenibili.

Secondo il rapporto Ecomafie di Legambiente 2021, l’ultimo disponibile, nel 2020 i reati ambientali hanno toccato quota 34.867 (+0,6% rispetto al 2019), una media di 4 ogni ora, nonostante la flessione dei controlli effettuati (-17%). Sotto attacco anche boschi e fauna selvatica, fastidiosi intralci a guadagni rapidi ai danni della natura: 4.233 i reati relativi agli incendi boschivi (+8,1%); 8.193 quelli contro gli animali, poco meno di uno ogni ora.

Per quello che riguarda il ciclo dei rifiuti, reati in calo ma più arresti (+15,2. Le stime ufficiali dicono che in Italia il traffico illecito di rifiuti, ormai in gran parte indirizzato verso Paesi dell’Africa subsahariana e in generale verso i Paesi del Sud del Mondo, vale circa 20 miliardo di euro l’anno; circa 260 miliardi per i aesi che compongono l’intero quadro europeo.

L’esperienza maturata nei secoli, o almeno quella nei decenni in cui viviamo, ci fornisce gli elementi chiari e semplici per fare le scelte giuste: dobbiamo avere semplicemente l’intelligenza per farle.

Nadia Bisson

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