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Se le imprese potessero avere una sfera di cristallo, la consulterebbero per capire come andrà a finire la storia dei dazi Usa. Donald Trump ha annunciato che l’Europa è nella sua lista, ma ancora non è stato chiarito quali prodotti subiranno la stretta alle importazioni nel continente americano e per quale percentuale.
In attesa di capire, tutti iniziano a farsi i conti. Come il settore siderurgico, che già ha pagato un prezzo importante nel recente passato. “Dal 2018, anno in cui l’Amministrazione Trump ha introdotto i dazi del 25% sull’importazione di acciaio dai Paesi dell’Unione europea, l’export italiano di acciaio verso gli Stati Uniti ha subito un drastico calo, passando da circa 600mila tonnellate nel 2018 a meno di 200mila tonnellate nel 2024”, ricorda il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi. Spiegando che “alla luce di questi dati, non comprendiamo se i recenti proclami rappresentino un rinnovo di una normativa già esistente o se siano il preludio a nuove misure restrittive”.
Gozzi, però, sottolinea anche che “le aziende italiane esportano negli Stati Uniti prevalentemente acciai speciali, prodotti di alto valore il cui prezzo consente comunque di superare la soglia imposta dai dazi”. Inoltre, “gran parte della produzione destinata ai clienti statunitensi avviene direttamente all’interno degli Stati Uniti, grazie agli investimenti e alla presenza produttiva delle nostre aziende sul territorio americano”. Ragion per cui Federacciai “continuerà a monitorare con attenzione l’evolversi della situazione, auspicando un contesto commerciale che favorisca relazioni industriali eque e basate sulla reciprocità”.
Cerca di gettare acqua sul fuoco delle polemiche, invece, Adolfo Urso. Sullo sfondo di questo scenario dei dazi, infatti, c’è il futuro di una grande azienda italiana, che sta vivendo una fase cruciale per il suo futuro: l’ex Ilva. “Non ho preoccupazioni in merito a Taranto, ci sono tre grandi player che in questo momento sono nella fase di rilancio competitivo perché noi, a differenza del passato, facciamo sempre delle gare con i lanci competitivi”, dice il ministro delle Imprese e del Made in Italy, a margine del vertice sull’Ia di Parigi, rispondendo proprio a chi chiedeva conto di eventuali timori sulla cessione dello stabilimento per i dazi che il presidente Usa intenderebbe imporre sull’acciaio prodotto in Europa.
Il responsabile del Mimit ricorda che il metodo ha già un precedente positivo, quello di Piaggio Aerospace. E “questo ci permetterà di assegnare l’ex Ilva a un player industriale internazionale che crede nello sviluppo della siderurgia green nel nostro Paese, con l’obiettivo di realizzare a Taranto il più grande e più avanzato impianto siderurgico green d’Europa”.
Urso ricorda che in contemporanea è stata avviata una discussione in Europa, grazie al non paper italiano, per rivedere le regole del Cbam: “Ne discuterà pienamente il prossimo Consiglio Competitività, in marzo”, assicura. Annunciando che “stiamo collaborando con il governo francese a un non paper specifico sulla siderurgia, perché riteniamo che sia doveroso creare le condizioni perché l’industria siderurgica europea, green, rispettando le regole ambientali che ci siamo dati, possa essere competitiva e debba essere tutelata nel mercato interno europeo”.
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