Siccità, NaanDanJain: Israele insegna, agricoltura di precisione per superare crisi

Israele è un territorio grande quanto una Regione italiana, per due terzi arido o semiarido, con il 20% di superficie arabile. Le risorse idriche sono poche, le piogge carenti, la popolazione in crescita, i mercati di importazione distanti. Eppure, il deserto è fiorito. “Per necessità”, spiega a Gea Antonio D’Alfonso, senior commercial advisor dell’azienda ‘NaanDanJain’, leader mondiale nell’irrigazione tailor-made.

“Il merito è degli investimenti in ricerca e sviluppo portati avanti da oltre 70 anni”, afferma. Negli anni Cinquanta e Sessanta il Paese ha costruito il National Water Carrier, per trasportare l’acqua dal Nord al Sud e inventato il sistema dell’irrigazione a goccia. Negli anni Ottanta ha utilizzato le acque reflue trattate per irrorare i campi. Negli anni Novanta ha messo a punto un programma ambizioso di dissalazione a osmosi inversa su larga scala. Negli anni Duemila ha lanciato una vigorosa campagna mediatica di sensibilizzazione della popolazione al problema della scarsità d’acqua.

Oggi il Paese riutilizza ben oltre il 90% delle sue acque reflue a scopi agricoli e industriali (548/563 milioni di metri cubi di acque reflue recuperate nel 2020), conta su cinque impianti di dissalazione per la produzione di acqua dolce e su altri due in costruzione, ospita oltre 250 aziende di tecnologie idriche e oltre 180 startup water-tech innovative per il trattamento delle acque reflue (42%), la gestione delle reti idriche (35%), l’irrigazione, la generazione di acqua (per dissalazione, estrazione dall’aria, recupero dell’acqua piovana), le applicazioni domestiche e il monitoraggio di qualità e sicurezza idriche.

“Le aree desertiche sono state coltivate a tutti gli effetti. Israele è davvero la culla dell’irrigazione di precisione e di qualità”, scandisce d’Alfonso. Ci è riuscita con l’esperienza e con gli investimenti: “le aziende del Paese investono in ricerca e sviluppo il 5-10-15% degli utili, una scelta lungimirante”, riporta.

Le startup hanno raccolto 159 milioni di dollari di capitale nel periodo 2018-2020, confluito principalmente nei settori del trattamento delle acque reflue e della gestione delle reti idriche. Quanto ai settori dell’agri-tech e del food-tech (oltre 400 aziende innovative) nel 2021 gli investimenti nelle startup hanno raggiunto la cifra record di 833,5 milioni di dollari. Di questi, 200 milioni sono affluiti nell’agri-tech.

L’irrigazione a goccia, sostiene l’esperto, è “assolutamente esportabile in Italia” e in parte è già stata esportata. E’ “adatta a tutti i tipi di colture”, anche a quelli per cui nel nostro Paese si utilizza moltissima acqua. “Sono stati ottenuti risultati straordinari persino sul riso, risultati pubblicati e noti”, assicura. Anche sul grano e sul mais si fanno regolarmente irrigazioni con impianti a goccia. “Oggi abbiamo sistemi a goccia che tutti gli anni si ripetono anche su colture intensive. In termini di resa e di risparmio idrico ed energetico si possono fare delle grosse economie, a parità di superficie c’è una resa più alta e un consumo minore, è consolidato”, garantisce.

Nel tempo, oltre alla goccia, sono state sviluppate altre tecniche irrigue, come la micro-irrigazione localizzata per le colture protette in serre o l’aspersione a pieno campo, tutte tecniche che richiedono un uso molto limitato di acqua. “Prima si irrigava con quantità di acqua importanti, quasi allagando, e frequenze dilatate. In Israele da oltre 10 anni si parla di ‘pulse irrigation’, si usano quantità minime di acqua e frequenze alte, evitando dispersione di energia, di prodotto, evaporazione”, afferma D’Alfonso.

Una irrigazione di precisione ha bisogno di grandi tecnologie. La spesa non è irrilevante, ma l’agricoltura 4.0 “ha un beneficio di natura economica nella logica di applicabilità oltre che nella funzione”, ricorda. Anche in Italia conviene: “Ci sono sgravi finanziari per chi investe in questo tipo di tecnologia. Tutti devono provare a utilizzare tecniche innovative”.

Elena Fois

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