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La stretta della Bce e quei 101 miliardi spariti dai conti correnti

La stretta impressa dalla Bce da luglio 2022 per combattere l’inflazione ha spinto gli interessi sui mutui al 4,52% ad aprile, mentre il Taeg (Tasso Annuale Effettivo Globale) sui prestiti al consumo “si è collocato al 10,29 per cento (10,12 nel mese precedente). I tassi di interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie sono stati pari al 4,52 per cento (4,30 nel mese precedente), quelli per importi fino a 1 milione di euro sono stati pari al 4,85 per cento, mentre i tassi sui nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia si sono collocati al 4,26 per cento. I tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono stati pari allo 0,64 per cento (0,60 nel mese precedente)”. Lo si legge nell’ultima Pubblicazione ‘Banche e moneta: serie nazionali’ di Bankitalia, che sottolinea poi come i depositi sui conti correnti “del settore privato” siano “diminuiti del 3,4 per cento sui dodici mesi (-3,2 in marzo)”, mentre “la raccolta obbligazionaria è aumentata del 9,4 per cento (8,9 in marzo)”.

Fuor di percentuale i numeri diffusi da Via Nazionale indicano che da aprile 2022 sui conti correnti sono spariti oltre 100 miliardi. Si trovavano 1.384,894 miliardi depositati in banca ad aprile, mentre lo stesso mese dello scorso anno la cifra era di 1.485,921. La differenza è appunto di 101,027 miliardi. Nel dettaglio le imprese hanno ritirato 11,14 miliardi, mentre 30 li hanno prelevati le famiglie cosiddette “consumatrici”. Dove sono finiti questi soldi?

Dalla pandemia al lockdown, dalla guerra in Ucraina alla corsa dell’inflazione: gli ultimi quattro anni hanno stravolto i bilanci degli italiani, ormai quasi per metà assorbiti dalle spese obbligate: nel 2023 le famiglie spenderanno per abitazione, elettricità e le altre utenze in media più di 1.300 euro al mese, oltre 400 euro al mese in più rispetto al 2019 (+45,5%). A stimarlo è Confesercenti, che complessivamente sottolinea come quest’anno le famiglie italiane spenderanno in media 2.846 euro al mese, 286 euro in più rispetto all’ultimo anno prima della pandemia (2.560 euro). Una crescita, però, non dovuta all’aumento dei consumi, ma interamente all’inflazione energetica: riportando la spesa mensile familiare in valori reali – cioè al netto dell’inflazione – questa resta infatti a 2.443 euro al mese, 50 in meno rispetto al 2019. Si spende dunque di più acquistando di meno. Secondo Istat ad aprile i consumi sono saliti del 3,2% in valore, rispetto a un anno fa, ma hanno registrato un -4,8% dei volumi, cioè della quantità di prodotti acquistati. In effetti nella media 2022 le vendite al dettaglio risultano inferiori di circa venti miliardi di euro rispetto al 2019, ha sottolineato di recente Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio.

I 101 miliardi che hanno lasciato i conti correnti non sono però serviti solo per pagare bollette o mantenere un certo tenore di vita rincarato per l’aumento dell’inflazione contro il modesto +2,2% annuale riferito all’aumento medio delle retribuzioni. Come ricorda Bankitalia, se il tasso di interesse sui depositi è pagato mediamente lo 0,64%, quando invece i prestiti ‘costano’ oltre il 10% e per i mutui si versa un 4,52% medio di interesse, famiglie e imprese hanno così deciso di sfruttare l’aumento dei tassi e quindi delle remunerazione offerte dalle obbligazioni, come ha testimoniato il recente successo di raccolta del Btp Valore. Ad aprile gli investimenti in bond sono saliti di quasi in 10% annuo, ha spiegato Banca d’Italia. Le obbligazioni emesse fino a 2 anni sono passate da una raccolta di 4 miliardi di aprile 2022 a 8,2 miliardi di aprile 2023, quelle oltre i due anni da 244 a 255 miliardi, quelle superiori all’anno con tasso variabile da 81,4 a 100,8 miliardi, mentre i covered bond sono saliti da 55 a 58,2 miliardi. Sono circa 37 miliardi in più in un anno.

Vittorio Oreggia

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