In Italia l’Economia blu della Ue affoga nelle micro-plastiche

Il mare è una risorsa. Offre possibilità occupazionali e di crescita economica, e più contribuire al raggiungimento degli obiettivi del Green deal europeo. Ma versa in condizioni di salute sempre più precarie. Guardando all’Unione europea, “il Mar Mediterraneo è uno dei più colpiti al mondo” dal fenomeno dell’inquinamento e da rifiuti, “con la monouso che rappresenta il 60% di tutti i rifiuti” di plastica individuati e raccolti, denuncia il rapporto della Commissione europea sull’economia blu. Nel Mare Adriatico, citato come esempio, le attività marittime hanno rappresentato il 6,3% dei rifiuti marini, rispetto al 34,7% attribuito alle fonti terrestri. Un problema figlio di un sistema produttivo divenuto troppo insostenibile. “L’Europa è il secondo produttore di materie plastiche al mondo, dopo la Cina”, di conseguenza, si stima che “tra 150mila e 500mila tonnellate di macro-plastiche e tra 70mila e 130mila tonnellate di micro-plastiche finiscano nei mari europei ogni anno”. Il vecchio continente contribuisce quindi all’avvelenamento globale degli oceani.

Almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani in tutto il mondo ogni anno, costituendo l’80% di tutti i rifiuti marini dalle acque superficiali agli ecosistemi delle profondità marine. Si stima che negli oceani si siano accumulate più di 15 milioni di tonnellate di plastica, a cui si aggiungono 4,6-12,7 milioni di tonnellate ogni anno. Secondo recenti studi, il flusso annuale di rifiuti di plastica negli oceani potrebbe triplicare entro il 2040, raggiungendo i 29 milioni di tonnellate all’anno, equivalenti a 50 chili di plastica per ogni metro di costa del mondo.

Bisogna correre ai ripari, con interventi in termini di sostenibilità in ambito produttivo-economico, che spinge per la transizione verde. Ma occorre rivedere anche le politiche nazionali per le acque interne, visto che una parte consistente degli agenti inquinanti, “tra 307 e 925 milioni di rifiuti”, si riversa in mare via fiume. Bruxelles invita gli Stati membri a guidare la riscossa dei mari. “L’economia blu continuerà a svolgere un ruolo importante nel raggiungimento delle ambizioni del Green Deal europeo”, sostiene il commissario per l’Ambiente e il mare, Virginius Sinkevicius. “Credo fermamente – dice – che, anche di fronte alle sfide attuali, l’economia blu possa continuare a essere un acceleratore della transizione verso la sostenibilità”. Per questo suggerisce un’alleanza tra Commissione, mondo dell’industria, organizzazioni non governative, politica e cittadini per “unire le forze per raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo una realtà”.

Se investire nell’economia blu fa bene all’ambiente, lo fa ancora di più al Pil. Considerando la solita Italia, tra effetti diretti e indiretti il valore aggiunto lordo della Blue Economy sale a 136,9 miliardi di euro, pari all’8,6% del valore aggiunto prodotto dall’intera economia nazionale. Vuol dire che per ogni euro prodotto da un’attività di Blue Economy, si generano euro in tutte le attività del resto dell’economia. Nel 2019 ogni euro prodotto nei settori della Blue Economy italiana hanno generato altri 1,9 euro nel resto dell’economia nazionale, in cui la Blue Economy “sta giocando un ruolo chiave nella ripresa economica del Paese”, come dimostrano i numeri. Secondo gli ultimi dati disponibili, l’economia del mare in Italia dà impiego diretto a 893.600 persone, pari al 3,5% della forza lavoro italiana totale, e contribuisce a rilanciare il meridione. “Un contributo importante arriva dal Mezzogiorno, che produce un terzo dell’intero valore della Blue Economy nazionale”. C’è però ancora molto da fare anche in questo caso. Perché il tasso di occupati diretti dall’economia blu in Italia è il tredicesimo a livello Ue. Se in Italia l’indice è del 3,5% nel 2019, in Grecia si attesta al 15%, mentre a Malta al 14%. Questo, nonostante i circa 7.500 chilometri di costa e gli oltre 600 Comuni con amministrazione costiera e marittima. Dall’Ue l’invito implicito a sfruttare più e meglio l’economia blu tricolore.

Nadia Bisson

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