Scudieri (Anfia): “Aiuti alle industrie, transizione ok ma non c’è solo l’elettrico”

L’automotive in Italia ha un fatturato di 93 miliardi, il settore industriale col più alto moltiplicatore di valore aggiunto, rappresenta il 5% del Pil nazionale, un decimo del giro d’affari del manifatturiero, 268.300 addetti, oltre 5mila imprese. Anfia, da 110 anni, rappresenta questo mondo che sta vivendo una trasformazione epocale, con numerosi punti interrogativi aperti, legati alla transizione ecologica e ai relativi costi. Il presidente Paolo Scudieri ha idee chiare su quale direzione puntare, ma bisognerà capire quale governo prenderà forma dopo il 25 settembre.

Presidente Scudieri, Anfia, nel suo manifesto di richieste ai candidati, chiede a partiti e istituzioni una spinta e sostegno agli investimenti nelle nuove tecnologie della mobilità: elettrico (nuovi componenti, raffinazione e assemblaggio batterie), idrogeno (fuel cell e H2 ICE), carburanti rinnovabili. Serve un Pnrr 2?
“La transizione ha un traguardo, il 2035, e parte dall’Europa che ha voluto dare svolta fortissima per attenzione all’ambiente. Viste le condizioni che stiamo vivendo è inevitabile che assisteremo a cambiamenti ulteriori. Abbiamo bisogno di risorse, la transizione pone interrogativi, in primis sui posti di lavoro che siamo certi di dover lasciare sul mercato, con probabili tensioni sociali. Vi sono tuttavia certezze: per essere competitivi e per interpretare la transizione verso l’elettrico abbiamo bisogno di investimenti paurosi. Si costruiscono gigafactory, ma è solo un vagone di un treno molto più lungo. C’è necessità di estrarre minerali, che non abbiamo in Europa per cui c’è un gap di risorse che crea dipendenze pericolosissime. Poi servono tante infrastrutture, ricariche, potenziamento linee che portano il vettore elettricità, adeguamento colonnine con super-charge per rifornimento in tempi brevi…”.

L’elettrico è proprio il futuro?
“Già, quanto veramente è virtuoso l’elettrico? Tanti studi ormai dicono che il pareggio di attenzione verso l’ambiente, tra un rapporto endotermico e l’elettrico avviene dopo 4 anni di utilizzo… questo deve porre molti interrogativi…”.

Intanto negli ultimi mesi si è assistito a un boom dell’usato. La gente ha paura di cambiare macchina?
“I fattori che fanno prediligere l’usato sono due: ritardi sulla consegna delle vetture determinano la necessità di utilizzare auto usate invece di aspettare un anno e mezzo di attesa. Il venduto non consegnato vale milioni di unità, che aspettano di essere immatricolate o addirittura di essere prodotte. Però attenzione, se parliamo di usato ‘fresco’ va bene, ma se è usato euro3 o euro4 non facciamo il bene dell’ambiente. Ahimè è come il cane che si morde la coda”.

Tema incentivi: quanto influiscono sulle immatricolazioni e cosa servirebbe per spingere l’ammodernamento del parco macchine italiano?
“Finalmente con l’ultima attuazione abbiamo tracciato una temporalità di 3 anni che stanzia 8,7 miliardi, parliamo di incentivi annuali che poi si rigenerano sulla spesa dell’anno successivo con una visione molto più a lungo termine. Come proporzionare gli incentivi è altro tema. Dove mettere più risorse? Magari su fasce che subito hanno finito la dote? Sul parco usato è necessario, in un’ottica ambientale, ma bisogna puntare sulla rottamazione, non su una re-immatricolazione”.

Ricariche elettriche: com’è possibile immaginare una rivoluzione urbanistica e logistica in pochi anni? Il Pnrr può aiutare?
“La sfida va oltre la costruzione di vetture a biocarburanti, elettriche o a idrogeno. Vanno riprogettate le città e bisogna reinvestire in un concetto diverso di mobilità. Il Pnrr va riadattato in base alle esigenze, i progetti devono trovare una nuova missione. Io immagino Hub posizionati sui 4 punti cardinali esterni delle città, dove può avvenire un interscambio tra veicoli a fattore premiante. Esempio: scambio l’auto con un monopattino o un’auto elettrica per andare in centro, così si evita una ulteriore proliferazione di colonnine all’interno delle città, concentrando questi scambi in aree strategiche. Aggiungo, va normato un elemento determinante nello scambio tra Co2 e ossigeno: bisogna adottare nuove aree boschive per ricercare un equilibrio tra sviluppo e cambiamento. Le dico questo: tre tigli dissipano 10mila km di una vettura con attuali standard”.

E l’idrogeno? Può essere una vera alternativa ai classici combustibili, soprattutto per l’autotrasporto?
“Lo dico da sempre: l’Idrogeno sarà fondamentale, per le lunghe percorrenze è la panacea, serviranno aree di servizio con ricariche di idrogeno. L’idrogeno è necessario nella bilancia dell’equilibro tecnologico da chi pretende solo elettrico. Il fattore tecnologico dove l’Italia è leader in Europa e può rappresentare una genesi di democrazia industriale e sociale è proprio legato all’idrogeno”.

Intanto il caro-carburanti è una zavorra per il settore dell’autotrasporto, come se ne esce?
“Bisogna essere tangibili e non ideologici, servono aiuti e incentivi, bisogna combattere in un momento storico di cambiamento, serve un piano Marshall nel piano Marshall. Va fatta molta attenzione in questo momento elettorale, tra chi vuole sostenere l’industria italiana e ambiente, e chi in modo ideologico e avulso dal momento storico insiste con pericolose divagazioni teoriche”.

Nel 2034 in teoria non saranno più vendute auto nuove a diesel o a benzina. Quante aziende, legate all’indotto, rischiano di chiudere in Italia? E quanti posti di lavoro sono in ballo?
“Per difetto 70mila posti di lavoro saranno azzerati, quelli legati alla componentistica del powertrain, mentre saranno creati 6mila nuovi posti di lavoro con la tecnologia legata all’elettrico. Non c’è sostenibilità sociale in questo tipo di atteggiamento. Occorre spostare in avanti la data del 2035 e trovare una evoluzione sulla trazione alternativa, così da creare una leadership tecnologia per impiegare capitale umano, senza il quale ci avviamo verso una infelice decrescita che metterà in difficoltà tutta Europa. In Germania i numeri sono 4 volte superiori ai nostri…”.

È possibile immaginare di tornare a produrre oltre un milione di veicoli in Italia all’anno?
“L’Italia deve tornare a essere attrattiva e competitiva, deve attirare capitali internazionali. Abbiamo la capacità, contando l’indotto, di andare ben oltre 1 milione di vetture. C’è la potenzialità tecnologica di arrivare fino a 1,6 milioni. Consideriamo solo che la bilancia commerciale 2021 ha visto un + 5miliardi, nonostante le enormi difficoltà che conosciamo tutto, vuol dire che valiamo, per la qualità, lo stile, il design, la tecnologia”.

L’emergenza gas e luce rischiano di mandare fuori mercato le imprese italiane? C’è eventualmente un rischio di svendita a grandi gruppi internazionali, oltre che tensioni sociali?
“Comprare tecnologia e posizioni di mercato di aziende a costo zero, c’è questa possibilità. D’altronde se un’impresa è trafitta dai costi non può che finire sul mercato a prezzi inferiori. Per cui vanno dati aiuti per essere ancora nelle condizioni di svolgere la propria missione sui mercati, serve una soluzione mediata e veloce che porti a una tranquillizzazione di un’Europa coinvolta in un tumulto bellico”.

Nadia Bisson

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