Per le opposizioni il disegno di legge sull’autonomia differenziata aumenterà i divari tra i vari territori dell’Italia. Se il Parlamento è lo specchio della società, di sicuro la frattura è visibile nelle reazioni delle varie forze politiche. Se dalle parti del centrodestra il provvedimento che porta la firma del ministro degli Affari regionali e le autonomie, il leghista Roberto Calderoli, non sembra creare divisioni insormontabili tra FdI, Carroccio, Forza Italia e Noi Moderati, nei partiti del centrosinistra c’è una sostanziale concordia sulla bocciatura. Dal Pd al M5S, ad Alleanza verdi sinistra il coro è unanime nel chiedere che l’esecutivo si fermi, anzi ci ripensi, pensando alle criticità su temi come sanità, fisco e servizi che potrebbero crearsi. Ma ci sono anche altri aspetti poco battuti, ma altrettanto importanti che il vicepresidente della Camera e deputato Cinquestelle, Sergio Costa, ex ministro dell’Ambiente nei governi Conte 1 e 2, approfondisce con GEA.
Presidente Costa, il suo gruppo, il M5S, ha definito l’autonomia differenziata uno ‘spacca-Italia’. Lo sarà anche sulle politiche ambientali?
“Mi concentro avremmo su due elementi. Il primo: se passasse avremmo venti diverse rappresentanze all’estero, tante quante le Regioni. E ognuna con la propria competenza. Le politiche ambientali che si decidono a livello internazionale alle Cop o in sede di Unione europea, che produce eccome elementi ambientali, chi le gestirà più: il governo nazionale dopo una mediazione con i vari governi regionali o direttamente le Regioni? Visto che questa materia non ha bisogno di attendere i Lep, passeranno immediatamente alle Regioni. Dunque, chi si prenderà le responsabilità di negoziare a livello internazionale con le Cop e in Europa? Inoltre, l’ambiente non ha confini amministrativi. Sulla biodiversità, la qualità dell’aria, l’inquinamento, la qualità delle acque ogni Regione avrà la possibilità di stabilire le proprie politiche. Come faccio, dunque, a rendere omologo il territorio nazionale che sto tutelando? Tutto questo produrrà differenze gigantesche”.
Il secondo aspetto?
“Il ddl inciderà sarà la Valutazione di impatto ambientale, che diventerà di competenza regionale, tranne sulle ‘mega opere’, come il Ponte sullo Stretto, per intenderci. Se ogni Regione avrà la propria Via, quale sarà ora il tema di tutela ambientale che sta al centro dell’Italia? Che visione ci sarà della tutela ambientale e come sarà conciliabile tutto questo con l’articolo 9 della Costituzione, che nella scorsa legislatura è stato votato all’unanimità anche dagli attuali partiti della maggioranza?”.
Se ogni Regione avrà la propria politica ambientale, in prospettiva vede problemi con l’Unione europea?
“Corriamo il rischio di incappare in continue procedure di infrazione europee, perché inevitabilmente ci saranno differenziazioni tra regione e regione. Ma l’infrazione sarà nazionale, lo voglio ricordare”.
La transizione ecologica è anche una questione economica. Intravede criticità?
“Quando un’impresa attiva una procedura di investimento, mette in conto anche attività che riguardano la tutela dell’ambiente. Oggi ha regole nazionali che conosce e applica. Ma se passasse il ddl, dall’indomani mattina, le stesse imprese, le stesse attività produttive dovranno gestire la materia in un modo diverso da regione a regione. Il rischio è che queste aziende, presumibilmente, sceglieranno di andare in territori dove avranno lacci meno stretti, quindi tutele minori. Questo non farà altro che aumentare la fragilità ambientale, senza contare il rischio di possibili delocalizzazioni. Ma la legge inciderà anche sulla End of waste, l’economia circolare. Faccio un esempio: Un’azienda che ricicla pneumatici per costruire campi di calcio e calcetto potrebbe ritrovarsi ad avere regole differenti sui componenti da utilizzare se produce, ad esempio, in Lombardia o in Calabria. Ma così come si fa a sviluppare l’economia circolare se non abbiamo una linea produttiva uguale? È una vicenda assurda”.
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