In una mano ‘L’uomo in rivolta‘ di Albert Camus, nell’altra una calcolatrice nuova di zecca. A Palazzo Chigi, Giorgia Meloni riceve dai segretari di Cgil e Uil, Maurizio Landini e PierPaolo Bombardieri, due regali. “E te niente?” scherza con il leader della Cisl, Luigi Sbarra. Nessun gadget, risponde lui, “solo proposte”.
Al tavolo sulla legge di Bilancio ci sono 12 sigle sindacali e nove esponenti del governo. Oltre alla premier, il vice Antonio Tajani, i ministri dell’Economia Giancarlo Giorgetti, delle Imprese Adolfo Urso, del Lavoro Marina Calderone, dell’Istruzione Giuseppe Valditara, della Salute Orazio Schillaci, per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Il “passo avanti” sperato però non si fa, i margini sono troppo ristretti, gli emendamenti in scadenza (al termine delle 16 maggioranza e opposizione ne presentano in commissione 4.500) e alla fine di un confronto fiume durato sei ore Cgil e Uil confermano lo sciopero del 29 novembre. Non aderirà la Cisl, che ritiene l’incontro “importante” e apprezza la manovra. “Accoglie molte delle richieste avanzate dal nostro sindacato”, ammette Sbarra. Non mancano aspetti da migliorare nell’iter parlamentare, sottolinea, tuttavia “in particolare sul fronte del sostegno ai redditi, al lavoro, ai pensionati, alle famiglie, si danno risposte convincenti, in linea con le rivendicazioni della Cisl”. Misure che, fa presente, “orientano oltre i due terzi della cubatura finanziaria del provvedimento”.
“Sostanzialmente non c’è da parte del Governo una disponibilità a ragionare” su alcuni punti, osserva Bombardieri uscendo da palazzo Chigi, primo fra tutti la riforma fiscale. “Banalmente il governo ha riconfermato che quella che ha presentato in Parlamento è la manovra, che i margini sono quelli, che gli spazi possibili di modifica sono limitati se si condivide quell’impianto e se si sta dentro a quella logica. Quindi in quella condizione lì noi confermiamo il nostro giudizio di una pessima legge di bilancio e che non affronta e non dà un futuro al nostro Paese”, fa eco Landini. In ingresso, il leader di Cgil torna sul concetto di rivolta sociale e spiega il motivo per cui ha deciso di regalare alla premier il volume di Camus: “Se hanno paura delle parole, è bene che colgano un tema, cioè di fronte a un livello di ingiustizie e di diseguaglianze come quello che si sta determinando, io credo che ci sia bisogno proprio che le persone non accettino più, che non si girino da un’altra parte”. D’altra parte, insiste Bombardieri, “non era mai successo che un governo presentasse in Parlamento una manovra già decisa, già fatta, senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali“.
La premier però non arretra di un passo, rivendica le scelte fatte, annuncia che l’intenzione è di intervenire nuovamente sull’Irpef (“ma dipenderà dalle risorse che avremo a disposizione e che arriveranno anche alla chiusura del concordato preventivo”) e tira la stoccata a Landini: “La solidità, la credibilità e il coraggio di questo Governo hanno consentito di poter far partecipare banche e assicurazioni alla copertura della legge di bilancio. Un grande cambiamento rispetto al passato, quando invece con la legge di bilancio si trovavano le risorse per sostenere banche e assicurazioni, e nessuno invocava la rivolta sociale“. La presidente del Consiglio ringrazia anche il segretario Uil per la calcolatrice: “Così anche lui potrà fare un rapido calcolo” sulla sanità. Questa manovra, spiega, è “in continuità con le scelte che il Governo ha fatto con le due precedenti leggi finanziarie”. Le risorse sono state concentrate su alcune “priorità fondamentali”, con una “visione di medio e lungo periodo, tenendo i conti in ordine e concentrandoci su una prospettiva di crescita del Sistema Italia, pur nel contesto internazionale tutt’altro che facile nel quale operiamo”. In manovra i focus sono stati, elenca Meloni, a sostegno ai redditi medio-bassi, al lavoro, alle famiglie con figli, alla riduzione della pressione fiscale, all’aumento delle risorse nella sanità e al rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici. Un approccio che è “un cambio di passo” rispetto al passato, afferma, quando “si è preferito adottare misure più utili a raccogliere consenso nell’immediato che a gettare le basi per una crescita duratura, scaricando il costo di quelle misure su chi sarebbe venuto dopo“.
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