Ad oggi l’Italia ha incassato 102 miliardi di euro in quattro rate del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E’ in attesa di concludere l’iter di valutazione sulla richiesta di pagamento della quinta (presentata entro il 31 dicembre 2023) da 10,6 miliardi e ha avviato i confronti per la sesta e la settima che sono gli obiettivi posti dal governo per il 2024. E’ il quadro tracciato dal ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, nelle comunicazioni in Senato sullo stato di attuazione del Pnrr. Un discorso ampio, pur senza entrare nei dettagli, che abbraccia diversi aspetti, anche quelli spinosi, di un tema che resta al centro dibattito politico.
Fitto si sofferma soprattutto sull’aspetto legato al definanziamento di alcune opere originariamente inserite nel Piano, ma poi uscite dal perimetro dopo la rimodulazione concordata con la Commissione europea. “Quasi 68 miliardi di euro di progetti che erano precedenti e, quindi, non avevano i requisiti” e “non essendo adeguati ai nuovi scenari, avrebbero certamente ‘bucato’ la data di giugno 2026, che è imprescindibile“. Nulla, però, è stato cancellato – sottolinea ancora l’esponente di governo -, perché “abbiamo messo in campo la strategia di individuare tali progetti e di spostarli fuori dal Piano nazionale di ripresa e resilienza” prevedendo “la copertura finanziaria di tutti gli interventi che sono stati definanziati“. Una posizione per la quale ha subito le dure critiche di una parte delle opposizioni, alle quali però replica a tono: “Non ci sono fondi rimandati indietro, la rimodulazione non lo prevede. Sono progetti opportunamente spostati dal piano, se non avessimo fatto la rimodulazione avremmo mancato gli obiettivi“. A proposito del negoziato con l’Ue, Fitto rivendica il lavoro fatto con Bruxelles, togliendosi anche qualche sassolino dalle scarpe rispetto a chi prevedeva un “fallimento“, come ha ribadito il Pd in aula, ad esempio.
Parola che, però, proprio non va giù al ministro: “Sono deluso da alcune considerazioni fatte a prescindere, come quello della senatrice Rojc. Utilizzare parole come ‘fallimento’ o ‘propaganda’, sinceramente lo trovo eccessivo. serve un approccio rispettoso“. Anche perché la visione che offre al Senato è che il Pnrr “non può essere uno strumento statico, un piano di tale portata ha bisogno di un adeguamento costante in funzione di dati oggettivi, come la crisi energetica“. Infatti, l’esponente di FdI promuove l’operato della cabina di regia (“un modello di lavoro“). Sempre parlando della rimodulazione, ricorda che “è stata aumentata la dotazione finanziaria del Pnrr nell’ambito del settore agricolo con interventi concreti pari a circa 3 miliardi” ma “non sulla spinta dei trattori in piazza che polemizzavano con il governo – ci tiene a chiarire -. La scelta risale al dicembre 2023 dà l’idea della visione e della lungimiranza” dell’esecutivo. Espressione, quest’ultima, che usa anche toccando il tema del RePowerEu, inserendo “oltre sei miliardi di euro per la transizione energetica del sistema delle imprese” e “risorse importanti sulle infrastrutture energetiche strategiche del Paese“. Senza contare il Testo unico sulle rinnovabili. “Dà coerenza agli obiettivi che mettiamo in campo sul fronti degli investimenti per l’approvvigionamento energetico del nostro Paese“, aggiunge ancora Fitto. Infine, il ministro ribadisce la propria analisi sulla recente relazione della Corte dei conti. Il responsabile degli Affari Ue ripercorre i mesi di discussione sulla precedente relazione dei magistrati contabili, puntualizzando che c’è “una omissione, perché si riferiva al primo semestre del 2023 e prendeva come dati di riferimento quelli di febbraio 2023“, mentre da quella dei giorni scorsi “emerge in modo molto chiaro un sostanziale apprezzamento“. Le opposizioni, ovviamente, sostengono il contrario di Fitto, ma alla fine la mozione di maggioranza passa e il dibattito si sposta ora alla Camera, dove domani bisserà le comunicazioni.
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