Rischio crisi alimentare per 200 milioni di persone: pesano clima e guerra

Nel 2021 quasi 200 milioni di persone nel mondo, suddivisi in 53 Paesi, vivono in una condizione di insicurezza alimentare. La situazione non è cambiata più di tanto quest’anno, anzi l’analisi delle tendenze rivela che può peggiorare almeno in altre 20 nazioni. I dati dell’indagine condotta dalla Fao e dal Programma Alimentare Mondiale diventano ancora più drammatici nella Giornata internazionale contro l’insicurezza alimentare, anche se questo aumento viene interpretato con cautela, prima di capire se le cause siano un peggioramento sostanziale della sicurezza alimentare o il frutto di una crescita della popolazione registrata tra il 2020 e il 2021. Restano, comunque, cifre esorbitanti. Soprattutto se si considera che c’è una media storica di 49 milioni di persone in 46 Paesi che rischia di finire in carestia senza aiuti immediati per garantire loro i mezzi di sussistenza.

Tra i territori al massimo livello di allerta figurano ancora Etiopia, Nigeria, Sud Sudan e Yemen, ai quali si aggiungono anche Afghanistan e Somalia. Le rispettive popolazioni vengono classificate tra quelle destinate a soffrire la fame o la morte, con un deterioramento delle condizioni di vita che richiedono attenzioni più urgenti. Per quanto riguarda l’Afghanistan, 20mila persone della provincia di Ghor vivono in condizioni catastrofiche a causa del limitato accesso umanitario nel periodo che va da marzo a maggio. Da qui a settembre, però, l’insicurezza alimentare acuta dovrebbe aumentare del 60% rispetto allo stesso periodo del 2021. Inoltre, dopo aver previsto 401.000 persone in condizioni catastrofiche nel Tigray, in Etiopia, nel 2021, solo il 10% dell’assistenza richiesta è arrivata nella regione, almeno stando ai monitoraggi condotti fino al mese di marzo del 2022; anche se la produzione agricola locale, pari al 40% della media, è stata fondamentale per la sicurezza alimentare e i mezzi di sussistenza.

Ci sono anche altri fattori che il rapporto tiene in considerazione. Anche perché la criminalità organizzata e i conflitti rimangono i principali fattori che causano la fame acuta. Con percentuali che sono aumentate anche nei primi 3 mesi di quest’anno: per avere un’idea, secondo i dati Acled, siamo passati dalle 2.537 guerre locali registrate a gennaio del 2022 alle 3.807 di marzo. La violenza ha ridotto l’accesso al cibo per le persone, distruggendo o bloccando i mezzi di sussistenza, comprese le attività agricole, il commercio, i servizi e i mercati attraverso l’imposizione di restrizioni e impedimenti amministrativi. Senza contare lo spopolamento di chi ha dovuto abbandonare la propria terra, riducendo anche la disponibilità di cibo per le comunità e i mercati. Inoltre, a ciò si uniscono tra le cause dell’insicurezza anche le condizioni climatiche estreme, come le tempeste tropicali, le inondazioni e la siccità, continuano ad essere elementi altamente critici in alcune regioni del mondo.

Per non parlare degli effetti a catena della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, che si sono riverberati a livello globale, sullo sfondo di una graduale e disomogenea ripresa economica dopo la pandemia di Covid-19, il costante aumento dei prezzi di cibo ed energia e il deterioramento delle condizioni macroeconomiche. Le restrizioni alle esportazioni ucraine riducono l’offerta alimentare mondiale, aumentano ulteriormente i costi dei prodotti alimentari e aumentano i livelli (già elevati) di inflazione. Per non parlare, poi, del costo dei fertilizzanti, che alla lunga potrebbero incidere sui rendimenti delle colture, quindi sulla futura disponibilità di cibo. Questi elementi, sommati all’instabilità economica, nei prossimi mesi potrebbero portare emergenze civili e disordini in alcuni dei Paesi più paesi più colpiti dalla crisi alimentare.

Le incertezze, senza un intervento deciso della comunità internazionale, rischiano di raggiungere nuovi record negativi. Ecco perché, in un tweet, il direttore generale della Fao, Qu Dongyu, lancia un monito: “La sicurezza alimentare è un tema che riguarda tutti, dai governi alle imprese alimentari, agli esperti e i consumatori. Continuiamo a lavorare insieme e ad impegnarci per un mondo di cibo più sicuro per una salute migliore e una vita migliore“. Serve fare squadra. E serve farlo presto.

Nadia Bisson

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