Saltarelli (Green Horse): Nel decreto Energia incentivi a rinnovabili a spese dei produttori

Nel decreto energia, approvato a inizio settimana dal Consiglio dei ministri, c’è una “una novità passata sottotraccia che si appresta a divenire una nuova voce di spesa per i produttori di energia rinnovabile: riguarda il contributo che questi ultimi dovranno versare al Gse per incentivare le regioni a ospitare impianti a fonti rinnovabili. Si tratta di un contributo annuo pari a 10mila euro per ogni megawatt di potenza dell’impianto – quelli superiori a 20kW – per i primi tre anni dalla data di entrata in esercizio”. A dirlo è Ivano Saltarelli, partner di Green Horse Legal Advisory, avvocato amministrativista nel settore dell’energia, del gas e dell’ambiente.

Avvocato Saltarelli, da una parte dunque lo Stato prova a incentivare le regioni a ospitare più impianti rinnovabili, dall’altra fa pagare l’incentivo ai produttori di rinnovabili. Non è il cane che si mode la coda?
“Lo scopo ultimo più pratico che politico-ambientale è quello di sbloccare il collo di bottiglia che c’è nelle amministrazioni regionali, competenti per il rilascio della Via e delle autorizzazioni uniche, che fanno resistenza per questi rilasci adducendo ad esempio un consumo eccessivo di suolo, per cui si è immaginata una compensazione economica. In pratica si intende offrire una compensazione economica per disincentivare la usuale resistenza ad ospitare impianti”.

Il potenziale produttore di rinnovabili però deve pagare…
“Lato produttore è vero che c’è una voce di Capex (i flussi di cassa in uscita per la realizzazione di investimenti, ndr), però tra non fare e fare pagando qualcosa in più è preferibile la seconda opzione. se il produttore aveva progettato un impianto da 50 mw, a questo punto è immaginabile che lo porterà a 60… Quindi fin qui quello che è contenuto nel decreto è condivisibile”.

Allora cosa non la convince?
“Non mi torna che i produttori – che ricevono autorizzazioni dall’1 gennaio 2024 e assumono l’obbligo di pagamento – versano dall’entrata in esercizio al Gse una quota di 10 euro a kw all’anno per i primi tre anni, ma le regioni per beneficiarne devono attendere un decreto ministeriale attuativo del Mase che distribuisca le somme. Ciò frustra l’intenzione anche positiva del legislatore. il produttore è anche disponibile ad obbligarsi con queste compensazioni per sbloccare l’annoso stallo delle autorizzazioni; se però le regioni non sanno se e quando arriva il decreto, allora la situazione autorizzativa resta comunque in stallo”.

Quanto tempo secondo lei ci vorrà per vedere il decreto attuativo?
“Il produttore sa che deve pagare già dal prossimo anno, quando presenta richiesta di autorizzazione, anche se poi il versamento effettivo avviene dall’inizio della data di esercizio dell’impianto. ora, visto che trascorrono in media 18 mesi dall’autorizzazione all’inizio dell’esercizio, diciamo che il ministero dovrebbe varare il decreto attuativo entro il 2025. Ci potremmo trovare nel paradosso menzionato: il produttore entra in esercizio e comincia a versare il contributo compensativo al Gse ma le regioni non ne beneficeranno per assenza del decreto”.

La ratio alla base del provvedimento è il freno burocratico che rallenta i via libera agli impianti. E’ una questione politica o anche pratica di mancanza di personale? C’è anche da dire che Terna comunica domande di generazione rinnovabile 4 volte superiore a quelle che basterebbero per raggiungere i target 2030…
“La soglia potenzialmente installabile non andrebbe vista dal lato terna, ma dagli enti territoriali e ministeriali. terna infatti ha l’obbligo di ricevere tutte le domande che arrivano, senza fare filtro, quindi si trova con numeri sproporzionati, mentre un numero più coerente emerge da regioni o ministero. Questo perché il produttore presenta un progetto solo dopo la proposta di connessione ricevuta da Terna e adegua il progetto in base ai vincoli di zona… magari ha chiesto a Terna 100 mw poi però si rende conto che può farne 50, mentre la regione gli dice 20 e quindi alla fine fa solo 20. Comunque, a prescindere dal numero, la resistenza politica degli enti che non vogliono tendenzialmente altri impianti da fonti rinnovabili spesso è dovuta al raggiungimento o mantenimento del consenso politico poiché ci sono ancora larghe fette di collettività che contrastano la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili. L’altra grande verità è la mancanza di personale a tutti i livelli, terna compreso… Lo si vede anche nell’attuazione del Pnrr”.

Visto che sul Pnrr i tempi sono strettissimi, con scadenze fissate al 2026, non conviene che lo Stato si affidi ai privati per le pratiche autorizzative?
“Si tratterebbe di devolvere un’istruttoria amministrativa a un privato, che però è tipicamente una funzione dello Stato col rischio che lo stesso Stato perda il controllo su una sua funzione primaria. Si può trovare una soluzione, penso a quando il Gse. Ha devoluto ai privati l’attività di ispezione sugli impianti rinnovabili. Tuttavia, il Gse è una società per azioni. Un comune che delega a un privato la vedo complicata, ma non Impossibile con i dovuti accorgimenti. È altresì vero che, potenzialmente, il tempo recuperato affidando l’istruttoria ai privati potrebbe essere eroso dal tempo necessario per svolgere la gara per la selezione dei privati affidatari. ciò nondimeno non è una strada impercorribile”.

Elena Fois

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