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Se la debolezza della Cina frena i rialzi del petrolio

Oggi a Vienna si svolgerà uno dei più importanti Joint Ministerial Monitoring Committee dell’Opec. I Paesi esportatori di petrolio speravano che un aumento stagionale della domanda di greggio avrebbe aperto la strada all’allentamento di alcuni tagli alla produzione in autunno, ma i prezzi sono scesi rispetto ai massimi estivi. Solo oggi c’è stato un forte rimbalzo delle quotazioni, dopo l’assassinio del capo politico di Hamas a Teheran per mano di Israele e dopo che gli Usa hanno ridotto le scorte settimanali per la quinta settimana di fila. Più 3,5% circa per Wti e Brent, che rispettivamente sono risaliti a 77,6 e 80,6 dollari al barile. Un exploit che aumenta i grattacapi in casa Opec. Nel senso che l’ipotesi di ridurre ulteriormente la produzione per restringere le forniture globali sembra basso, con circa 5,8 milioni di barili al giorno di capacità Opec+ già inutilizzati da vari cicli di tagli da ottobre 2022 e molti Paesi che si irritano per le loro quote. Allo stesso tempo, è probabile che i ministri siano anche cauti nel turbare ulteriormente i prezzi immettendo barili sul mercato troppo presto. Più che altro perché il principale acquirente mondiale, la Cina, ha comunicato dati ribassisti per il petrolio e suoi derivati.

L’indice Pmi manifatturiero ufficiale cinese è sceso a 49,4 a luglio da 49,5 del mese precedente, rispetto alle previsioni di mercato di 49,3. Gli ultimi risultati hanno segnato il terzo mese consecutivo di contrazione dell’attività manifatturiera e il calo più ripido da febbraio, tra domanda debole, rischi di deflazione, una prolungata crisi immobiliare e un elevato tasso di disoccupazione giovanile. I nuovi ordini (49,3 contro 49,5 a giugno), le vendite all’estero (48,5 contro 48,3) e i livelli di acquisto (48,8 contro 48,1) sono tutti diminuiti per il terzo mese consecutivo. Nel frattempo, la debolezza dell’occupazione è persistita (48,3 contro 48,1). La produzione è comunque aumentata per il quinto mese, ma il suo ritmo di crescita è stato il più debole della sequenza (50,1 contro 50,6). Soprattutto le importazioni totali di olio combustibile della Cina sono diminuite dell’11% nella prima metà del 2024.

L‘economia dell’Arabia Saudita si è invece contratta dello 0,4% nel secondo trimestre rispetto al secondo trimestre del 2023, secondo la stima rapida dell’Autorità generale per le statistiche del regno. Nel secondo trimestre si è assistito al quarto trimestre consecutivo di contrazione del Pil saudita, poiché il più grande esportatore mondiale di petrolio sta tagliando la produzione di circa 1,5 milioni di barili al giorno (bpd), inclusa una riduzione volontaria della produzione di 1 milione di bpd. I giudizi dell’Opec+ (dove partecipa anche la Russia) sono però offuscati dalla divergenza nelle aspettative sulla domanda di greggio a breve termine. L’Opec stessa prevede che la domanda globale di petrolio aumenterà di 2,25 milioni di barili al giorno (b/g) nel 2024 e di altri 1,85 milioni di b/g nel 2025. Un dato superiore alle stime dell’Aie, Agenzia internazionale dell’energia, molto più basse, a 970.000 b/g nel 2024 e 980.000 b/g nel 2025. I big del greggio temono inoltre una possibile contrazione dell’Occidente, causa tassi. All’ultimo incontro dell’Opec+, il ministro dell’energia saudita, il principe Abdulaziz bin Salman, ha affermato che il gruppo ha osservato attentamente le banche centrali mentre abbassavano i tassi di interesse per stimolare l’attività economica. “Stiamo aspettando che i tassi di interesse scendano, una migliore traiettoria della crescita economica, non solo in alcune sacche qua e là, ma anche una maggiore certezza sulla traiettoria economica, e questo probabilmente determinerà un aumento della domanda”, aveva aggiunto il principe Abdulaziz.

Anche il prezzo del gas europeo ha visto una fiammata, per le tensioni geopolitiche mediorientali. Il contratto Ttf di settembre è salito di un paio di punti superando i 35 euro per megawattora, massimo da un mese. Con la chiusura di Freeport, in Texas, il Gnl verso l’Europa è arrivato in queste settimane dai Paesi del Golfo, grandi azionisti dell’Opec. Col Mar Rosso fuori gioco, causa attacchi Houthi, il mercato teme però un aumento del prezzo poiché anche l’Asia reclama gas da usare per far funzionare i condizionatori nell’estate finora più calda di sempre. E la concorrenza Asia-Europa tiene i prezzi in tensione.

Vittorio Oreggia

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