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Talbot (Eli Lilly): “Ue non è più dominante in industria pharma, con revisione norme invertire la rotta”

Una delle tendenze che la revisione della legislazione farmaceutica dell’Unione europea dovrebbe invertire “è che l’Europa non è più in una posizione dominante nell’industria farmaceutica. Ventanni fa, un farmaco su due era sviluppato in Europa, mentre ora è solo uno su cinque. Anche i finanziamenti per ricerca e sviluppo finiscono altrove. E la tendenza agli investimenti farmaceutici in Europa è in diminuzione”. Lo ha sottolineato David Talbot, vice presidente associato della società farmaceutica Eli Lilly and Company, a margine dell’evento ‘Il nuovo approccio europeo alla salute e le ricadute per il sistema italiano’ organizzato da Withub a Roma.

Sulla futura revisione della normativa europea in materia di farmaci – di cui è attesa una proposta da parte della Commissione europea il 26 aprile – “diversi CEO di aziende europee hanno espresso la propria preoccupazione per l’ambiente generale in Europa. La normativa può contribuire a invertire la tendenza”, ha aggiunto, sottolineando che invece dalla bozza del documento di revisione circolata nei mesi scorsi sembra che la proposta della Commissione “non lo faccia di certo. Affronta molti argomenti in 1.800 pagine, tra cui accelerare il processo di revisione normativa dell’Agenzia europea per i medicinali”. Questi – per Talbot – “sono sviluppi positivi, si occupa di catena di approvvigionamento, di standard ambientali, di necessità mediche non soddisfatte, di molti aspetti. Ma la più grande preoccupazione nella bozza che abbiamo visionato è il problema della diminuzione degli incentivi per la proprietà intellettuale che, se si vuole invertire la tendenza negli investimenti e aumentare la competitività dell’Europa, probabilmente non è l’approccio migliore”.

Tra i punti su cui insiste la Commissione europea è l’accesso ai medicinali. “Sappiamo che per la Commissione una delle priorità principali era migliorare l’accesso” ai medicinali “in tutti gli stati membri dell’Unione Europea, cosa che noi sosteniamo. Ma la modalità che hanno proposto per incoraggiare l’accesso è preoccupante e include la diminuzione della quantità di protezione dei dati per la ricerca clinica e la modifica di come vengono strutturati gli incentivi”. Ha ricordato ancora che al momento “c’è una base di otto anni di protezione dei dati clinici che verrà diminuita a sei anni, con la possibilità di recuperarne un po’ garantendo l’accesso in tutti i 27 gli Stati membri”. E la preoccupazione industriale “è che l’accesso è un fattore largamente fuori dal nostro controllo, al di là del nostro impegno già pubblico di deposito in tutti i 27 Stati membri, che l’Associazione di Categoria a livello regionale ha reso pubblico più di un anno fa. Una volta che abbiamo depositato in tutti gli Stati membri tutto il resto è fuori dal nostro controllo. Passa per un processo di valutazione delle tecnologie sanitarie e un processo di valutazione dei rimborsi ed è tutto in mano agli stati membri, in base al budget stanziato per i medicinali, alle priorità e anche alla tempistica di esecuzione. Quindi legare un incentivo per la proprietà intellettuale a una decisione che è fuori dal nostro controllo non è equilibrato. Quindi questo è uno dei problemi che per il settore causa grande preoccupazione”.

La futura revisione della legislazione farmaceutica dell’Unione europea, aggiunge Talbot, è “fondamentale per il settore, nonché un bivio. Abbiamo preso la cosa molto seriamente e secondo me abbiamo dato spunti significativi per il processo. Ora la prossima fase consiste nel capire quale normativa verrà effettivamente introdotta alla fine del mese. E a quel punto, chiaramente, valuteremo il suo contenuto”. Nella fase che precede la presentazione della proposta “ci sono state molte opportunità di parlare di ciò che abbiamo visto, di cosa ci piace, di cosa vorremmo bilanciare, e anche gli altri stakeholder avranno sicuramente un peso. È tutto parte del processo. Ma proprio perché la normativa è così importante per il futuro del settore in Europa, e so che per la Commissione questo è un punto strategico, noi saremo molto chiari sul nostro pensiero per quanto riguarda la normativa”. Talbot ha ricordato che in Ue non tutti i Paesi “hanno la stessa situazione economica, quindi il desiderio di avere una sorta di uguaglianza o equità in tutti i 27 stati membri è una sfida perché ci sono Paesi con budget diversi per il sistema sanitario rispetto ad altri, e Paesi più ricchi di altri”. E se è vero – aggiunge – “che c’è un senso di solidarietà in Europa su queste questioni, c’è anche però una grande disparità economica. E questo deve essere considerato”.

Quanto alla necessità di integrare salute ambientale, umana e animale “penso anche che ci sia bisogno di trovare un equilibrio e avere un buon coordinamento delle politiche in tutte queste diverse aree. Quindi non solo da un punto di vista di politiche normative, ma anche da quello di politiche ambientali, tassazione, tutti questi elementi diversi devono essere coordinati”, ha sottolineato. Da quando la guerra di Russia in Ucraina è iniziata “stiamo tutti affrontando le stesse sfide per i prezzi dell’energia, sfide geopolitiche e di finanziamenti sanitari in tutta Europa. Penso che si possano condividere molti approcci. Ma dobbiamo anche riconoscere il fatto che la salute è una competenza di tutti gli stati membri e che dobbiamo avere una linea di comunicazione aperta con gli enti regolatori” nazionali, in modo da far capire quali sono “i fattori, per un’azienda come Lilly, che ci impediscono di continuare a investire e produrre i medicinali in Europa” e al tempo di “soddisfare tutte le esigenze in campo sanitario”.

Chiara Troiano

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