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Vertice Ue tra aiuti di stato e flessibilità fondi. A metà marzo proposte per industria green

Mantenere la competitività industriale dell’Ue a livello globale e gestire la migrazione come Unione. Il Vertice Ue straordinario a Bruxelles si chiude a notte fonda con la promessa da parte dei leader di un’azione comune e di portare avanti il lavoro su entrambe le sfide che – e questo mette d’accordo tutti – richiedono l’unità dell’Unione.

Un Vertice straordinario che chiama a raccolta i ventisette capi di stato e governo – che ieri mattina hanno incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – per discutere per la prima volta delle idee della Commissione Ue su come realizzare il Piano per l’industria green, annunciato dalla presidente Ursula von der Leyen nelle scorse settimane. Un piano in quattro pilastri (quadro normativo per l’industria a zero emissioni, finanziamenti a breve e lungo termine, accordi commerciali per la corsa alle materie prime e sviluppo di competenze ‘green’) che secondo Bruxelles deve essere la risposta finanziaria dell’Ue alla corsa di Stati Uniti e Cina ai sussidi verdi, che rischia di far rimanere indietro l’Ue. Un Vertice da cui non erano attese grandi decisioni, ma che era necessario per scambiare le prime idee tra i Ventisette governi su come finanziare il Piano europeo.

La Commissione europea presenterà proposte legislative concrete” sul piano industriale green per rispondere all’Inflation Reduction Act (Ira) degli Stati Uniti “a metà marzo in tempo per il prossimo Consiglio europeo di fine marzo“, ha confermato von der Leyen in conferenza stampa al termine dei lavori. Entro il 23-24 marzo, dunque, arriveranno le proposte legislative vere e proprie, in modo che i leader possano averle sul tavolo per avviare le discussioni ed eventualmente approvarle. Il nucleo duro di questo piano per l’industria verde sarà il ‘Net-Zero Industry Act’, una Legge europea per l’industria a zero emissioni, sulla scia del ‘Chips Act’ varato da Bruxelles per i semiconduttori. L’atto normativo dovrebbe fissare degli obiettivi produttivi vincolanti entro il 2030, in base ad analisi settoriali specifiche, per quelle tecnologie che vengono considerate chiave per il passaggio allo zero netto, tra cui nella comunicazione vengono menzionate batterie, mulini a vento, pompe di calore, solare, elettrolizzatori (per la produzione di idrogeno rinnovabile) e tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio.

Come era previsto a tenere banco tra i leader è stata la discussione sui finanziamenti: da un lato, la richiesta di Francia e Germania di allentare il quadro degli aiuti di stato per stringere il più possibile la tempistica e i settori di intervento a quelli utili alla transizione, batterie, mulini a vento, pompe di calore, solare, elettrolizzatori (per la produzione di idrogeno rinnovabile) e tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio; dall’altro, per compensare un allentamento delle regole che rischia di svantaggiare i Paesi che come l’Italia non hanno spazio fiscale per approvarli a pioggia, si spinge per la flessibilità delle risorse esistenti per il breve periodo e sulla creazione di un Fondo sovrano per l’industria.

L’idea di un Fondo sovrano mette d’accordo tutti ormai a Bruxelles, ma non se ne riparlerà in concreto prima dell’estate (la Commissione vuole sfruttare la revisione intermedia del Bilancio Ue a lungo termine 2021-2027 che arriverà in estate per capire se ci sono fondi da finanziare) e dunque per ora la discussione tra i leader si sta orientando più sugli aiuti di stato e la flessibilità dei fondi esistenti per redistribuirli agli obiettivi net zero. Più della metà dei Paesi Ue ha insistito sulla necessità di non creare una frammentazione del mercato unico nel liberare la mano dei governi sugli aiuti di stato. Nelle conclusioni adottate a notte fonda sono riusciti a strappare l’inserimento di un riferimento preciso all’invito alla “Commissione a riferire regolarmente al Consiglio in merito all’impatto di questa politica in materia di aiuti di Stato sul mercato unico nonché sulla competitività globale dell’Ue”.

Per evitare la frammentazione del mercato unico, i leader insistono nelle conclusioni sulla necessità di mobilitare fondi Ue esistenti, renderli flessibili ed “esplorare le opzioni per facilitare l’accesso ai finanziamenti“, oltre che sfruttare “il potenziale della Banca europea per gli investimenti“. Sul fronte dei finanziamenti a breve termine con cui finanziare il piano, von der Leyen ha illustrato ai leader una serie di cifre e fondi che potrebbero essere dirottati verso l’industria green. Tra gli strumenti finanziari esistenti da mobilitare a medio termine, la Commissione europea tiene in considerazione il piano ‘REPowerEu’ (che potrebbe mobilitare fino a 270 miliardi di euro, secondo le stime Ue), il programma InvestEU (garanzie Ue per 26 miliardi di euro per mobilitare investimenti, anche per progetti zero emissioni) e poi il Fondo per l’innovazione (fino a 40 miliardi di euro nel prossimo decennio).

Sul Fondo sovrano, nelle conclusioni il Consiglio europeo “prende atto dell’intenzione della Commissione di proporre un Fondo europeo per la sovranità prima dell’estate 2023 per sostenere gli investimenti nei settori strategici“, conclude il testo. Ma a Bruxelles si chiarisce che le discussioni sul Fondo sono premature, la Commissione attende l’estate per capire come redistribuire le risorse di cui già dispone nel bilancio comunitario, senza aprire un nuovo confronto sull’idea di debito comune (su cui i frugali come la Germania frenano). Nell’idea della Commissione, come si apprende, il Fondo sovrano dovrebbe riguardare tecnologie pulite, informatica, biotech e biomanifattura.

Chiara Troiano

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