Agrifood 2023, Italia conferma no a Nutriscore e cibi sintetici: difendere Agricoltura

L’agricoltura come motore dell’economia, ma anche elemento dell’identità nazionale da difendere. Sono tanti gli spunti che emergono da Agrifood 2023, l’evento su ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere’, organizzato a Roma da Gea ed Eunews. Cinque panel per analizzare da ogni angolatura rischi e potenzialità di un settore che può diventare collettore di molti altri gangli del cuore economico italiano ed europeo. Nel primo blocco è stato analizzata la questione del Nutriscore. “Servirebbe uno sforzo, da parte anche delle industria agroalimentare italiana, nell’utilizzare il Nutrinform”, dice il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini. Che invita a cambiare schema di gioco: “Dobbiamo uscire dalla logica dell’emergenza e avere forza nella programmazione e nella strategia”, tant’è vero che “nel primo incontro con l’attuale presidente del Consiglio – racconta – ho chiesto di aumentare la dotazione del personale della nostra Ambasciata a Bruxelles”. Perché “non bisogna criticare ma lavorare al fianco delle nostre istituzioni, portando delle proposte alternative, facendo capire dove si sono commessi errori di valutazione” e “creando sinergie”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che lancia anche una ironica sfida a Prandini: “Lo sfido, se ti alzi da tavola dopo 1 kg di parmigiano stai bene, dopo 1 kg di patatine fritte no…”, giocando sul fatto che il collega di Coldiretti aveva spiegato che al di là dei colori dei semafori, conta anche la quantità di cibo mangiato. Al di là dell’ironia, il concetto è chiaro: “Il Nutriscore, così come l’Ecoscore, sono veri e propri attacchi a modelli economici”, per questo – sostiene – “dobbiamo fare una battaglia di visione, di strategia, su come posizionare l’agricoltura in un contesto globale sempre più competitivo dove le imprese soffrono”. Paolo De Castro, eurodeputato della commissione Agri, poi avverte: “L’agroalimentare è il primo settore manifatturiero europeo, con 200 miliardi export lo scorso anno, eppure sembra sotto attacco”. Il Nutriscore per ora “è accantonato, la Commissione Ue sta ancora valutando l’impatto per cui in questa legislatura non mi aspetto novità, ma tornerà”, è la sua convinzione.

Il presidente della commissione Industria del Senato, Luca De Carlo, che da anni si occupa del tema, quella sul Nutriscore “non è una battaglia dell’Italia contro il mondo, ma l’Italia deve essere brava a mettere insieme più alleati, perché questo è un tema che coinvolge tutti”. A suo modo di vedere, “se l’affrontiamo come problema europeo, allora le ricadute sull’Italia saranno relative”. Va giù dritto anche Andrea Poli, presidente della Nutrition Foundation of Italy: “L’algoritmo su cui si basa il Nutriscore è superato. Non ha senso affidare un colore per tutti i cibi indistintamente”. Ci va più cauto, invece, il direttore della Rappresentanza della Commissione Ue in Italia, Antonio Parenti, che comunque non nasconde i suoi dubbi: “E’ perfetto? No. Credo ci siano delle dimostrazioni scientifiche, e mi prendo qualche rischio essendo parte della Commissione europea che sta ancora giudicando. Però, l’esigenza esiste”.

Nello scenario europeo si inserisce anche la questione dell’etichettatura del vino. Soprattutto dopo la scelta dell’Irlanda di inserire avvisi sui rischi per la salute al pari delle sigarette, avallata anche da Bruxelles. “Il concetto del vino all’interno della dieta mediterranea fa parte del nostra cultura”, dice il direttore generale del Crea, Stefano Vaccari, che boccia l’operato di Bruxelles. “Secondo dati del 2022 siamo il Paese nettamente con aspettative di vita superiori rispetto all’Irlanda: se il modello nutrizionale è vincente, dobbiamo mantenerlo”. Per Michele Contel, vice presidente dell’Osservatorio permanente Giovani e Alcol, “l’approccio irlandese è sostanzialmente coercitivo”, mentre la dietista e nutrizionista, Monica Artoni, è convinta che “soprattutto il settore medico e sanitario, deve insistere moltissimo, fino alla nausea, sul concetto di basso rischio e sulle modalità di consumo”.

L’agricoltura, inoltre, deve affrontare un altro problema: quello dei cibi sintetici. Sul punto è intervenuto Luigi Scordamaglia: “Trasparenza e consapevolezza della scelta sono condizionati da un fattore, a questo mondo: i soldi. Troppi, come quelli di chi investe e svilupperà 25 miliardi di dollari in 5 anni per lanciare la carne sintetica. E con queste cifre di opinioni ne fai cambiare”. Il consigliere delegato di Filiera Italia cita la app site food finanziata da Bill Gates sulla carne di pollo, chiedendo: “Si apre finalmente una discussione se una singola persona fisica, privata possa essere secondo finanziatore dell’Organizzazione mondiale della sanità che decide le politiche sanitarie a livello globale?”. Poi l’accenno all’Europa: “Questo ‘filantrocapitalista’, mai come di recente, incontra la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, con cui parla di ristrutturare il sistema di protezione sanitario. Bene: 25 miliardi di dollari sono il volume sviluppato, ma è niente rispetto alla capacità di comunicare sul web e alle nuove app di intelligenza artificiale”. La risposta, indiretta, arriva a stretto giro da Parenti: “Ho sentito certe cose che, francamente, mi sembrano leggermente fantasiose. Bill Gates, ad esempio, e ci sono i resoconti, è uno dei più grandi distributori di vaccino al mondo. Che la Commissione Ue parli con lui nel 2021 e 2022, soprattutto per facilitare la produzione di vaccini in Paesi terzi come l’Africa mi sembra non solo naturale, ma anche necessario”.

La questione della crisi alimentare viene analizzata anche in chiave Mediterraneo. Con l’intervento dell’Ambasciatore del Marocco in Italia, Youssef Balla: “Il Marocco sta affrontando una crisi alimentare causata dallo sfruttamento senza precedenti di risorse naturali, da cambiamenti climatici e da congiunture economiche nazionali e internazionali. La parola chiave si è rivelata essere innovazione”. Per il diplomatico servirebbe “una cooperazione tripartita, marocchina, europea e africana, per l’agricoltura sostenibile, che si basi sulla diffusione di nuove tecnologie digitali e sulla formazione professionale di lavoro qualificato per utilizzo ottimale delle tecnologie stesse”.

Chiara Troiano

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