“Il 2025 della geopolitica inizierà ufficialmente il 20 gennaio, con il giuramento di Donald Trump come quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti. E l’attesa, probabilmente, è più carica d’angoscia in Ucraina che in Groenlandia. Tra i fattori che alimentano l’incertezza, spicca lo scontro tra personalità e gruppi che appoggiano Trump pur avendo posizioni molto diverse”. Lo scrive Tommaso Nannicini in un suo intervento su La Stampa. L’economista ex senatore aggiunge: “La sorte del 2025 non dipenderà solo da Trump e dai suoi sodali, ma anche da come reagiranno Cina e Unione Europea. Nella vita individuale come in quella collettiva, gli anni che passano sono segnati tanto da ciò che accade quanto da ciò che non accade: scelte non fatte, pericoli evitati, treni persi che non ripasseranno. Se vogliamo farci un’idea dell’anno che verrà, allora, dovremmo chiederci che cosa, probabilmente, non accadrà. Consideriamo due eventi tanto necessari quanto improbabili: un cambio di passo sull’intelligenza artificiale e l’emergere dell’Europa come attore globale. Che probabilità c’è che qualcosa si muova su questi fronti?”. E ancora sul rapporto Draghi, “finito nel tritacarne delle opposte tifoserie. ‘È quello che serve per rilanciare investimenti e produttività’, hanno commentato alcuni. ‘Non parla abbastanza di politiche sociali, il termine “disuguaglianze” vi compare a malapena’, hanno ribattuto altri. Per la serie: crescita economica contro giustizia sociale. Pochi, invece, si sono soffermati sulla sostanza politica del rapporto, che non sta nel conteggio delle parole, ma nella qualità delle istituzioni necessarie per attuarlo. Solo con un’unione fiscale, anche limitata ai soli paesi pronti a farla, l’Europa può avere qualche chance di contare nel nuovo scenario globale”.
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