I ghiacci della Groenlandia sono più fragili del previsto: meno di un milione di anni fa un aumento non estremo delle temperature ha infatti provocato lo scioglimento non solo dei bordi ma anche del cuore della calotta glaciale, nonostante i livelli atmosferici di CO2 fossero molto più bassi di oggi. Lo rivela uno studio condotto dall’Università del Vermont e pubblicato sulla rivista PNAS. “Ora sappiamo che l’intera calotta glaciale è vulnerabile allo scioglimento”, ha detto Paul Bierman, professore all’Università del Vermont e autore principale dello studio. Le implicazioni per l’umanità dello studio sono infatti grandi perché questo lavoro fa temere un rischio di innalzamento del livello del mare maggiore di quanto previsto in precedenza.
Il gruppo di ricerca ha scoperto resti di piante e insetti in un nucleo di ghiaccio profondo tre chilometri nel centro dell’isola. “Abbiamo letteralmente visto i fossili nella prima ora, addirittura nella prima mezz’ora di lavoro“, ha continuato Bierman.
Con loro grande stupore, i ricercatori hanno trovato, in uno strato di circa otto centimetri, legno di salice, funghi, un seme di papavero e persino l’occhio di un insetto. Lo studio, dunque, suggerisce che in questo luogo e in quel momento esisteva un intero ecosistema. Se il ghiaccio al centro dell’isola si fosse sciolto, allora è quasi certo che fosse assente sulla maggior parte di questo vasto territorio, secondo Bierman. Il che non fa ben sperare, considerato l’attuale riscaldamento globale. Se le attuali emissioni di gas serra non verranno ridotte in modo significativo, la calotta glaciale della Groenlandia potrebbe sciogliersi quasi completamente nei prossimi secoli o millenni, provocando un innalzamento del livello del mare di circa sette metri e la scomparsa delle città costiere di tutto il mondo. “Centinaia di milioni di persone in tutto il mondo perderanno la casa”, ha avvertito il ricercatore.
Nel 2016, gli scienziati hanno studiato lo stesso campione del 1993, utilizzando una tecnica di datazione per determinare che non poteva avere più di 1,1 milioni di anni. Secondo le loro stime, se il ghiaccio si fosse sciolto, il 90% della Groenlandia ne sarebbe libera. Queste conclusioni furono poi accolte con scetticismo perché, secondo la teoria fino ad allora ampiamente accettata, la Groenlandia era stata una fortezza di ghiaccio per diversi milioni di anni.
Nel 2019, Paul Bierman e un team internazionale hanno riesaminato un’altra carota di ghiaccio, questa volta estratta nel 1960 da una base militare statunitense abbandonata, Camp Century, vicino alla costa della Groenlandia. Sorpresa: questa conteneva foglie e muschio. Tecniche avanzate di datazione hanno aiutato a stimare che la scomparsa del ghiaccio risale a 416.000 anni fa. Questa scoperta spinse Paul Bierman a ritornare sul campione del 1993 per cercare tracce simili. Alla fine trovarono prove inconfutabili dello scioglimento del ghiaccio. “Ora sappiamo con certezza che il ghiaccio è scomparso non solo a Camp Century ma anche a GISP2, al centro della calotta glaciale”, ha sottolineato.
Halley Mastro, coautore dello studio, ha sottolineato l’importanza di continuare a raccogliere carote di ghiaccio in Groenlandia, alla ricerca di organismi ancora più antichi la cui scoperta potrebbe avere gravi implicazioni per il futuro.
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