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Copasir approva la road map per la sicurezza energetica

L’invasione russa ai danni dell’Ucraina è “uno spartiacque cruciale” nel cambio di strategia italiana per l’approvvigionamento energetico. È scritto nero su bianco, nella Relazione al Parlamento sulle ‘conseguenze del conflitto nell’ambito della sicurezza energetica’, approvata dal Copasir. In 32 pagine di documento sono contenuti numeri, analisi geopolitiche e anche suggerimenti per soluzioni a criticità ed emergenze. Ma anche visione, con l’apertura alle rinnovabili, o meglio, alle semplificazioni che dovranno dare lo sprint per sfruttare al massimo le potenzialità delle fonti ‘pulite’. Non mancano sottolineature, come quelle sull’affidamento “alla Russia quale fornitore principale di gas è coinciso con l’ascesa al potere di Putin ed è riconducibile alle scelte operate in passato da parte di differenti Esecutivi in un contesto internazionale certamente diverso. In ogni caso, gli eventi drammatici di oggi denotano come quell’orientamento abbia oggettivamente sottovalutato il problema della dipendenza e della diversificazione degli approvvigionamenti“.

Serve una svolta, perché “in base a dati del 2020, il mix energetico italiano risulta per più dell’80% composto da fonti fossili, quali gas e petrolio, rispettivamente al 42% e al 36%, e in modo residuale carbone (4%). Le fonti green contano per il 18%: l’11% le rinnovabili (fotovoltaico ed eolico); il 7% la produzione idroelettrica“. In questo senso arriva il plauso del Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica alla scelta del governo di guardare verso l’Africa, al punto da definire “credibile” la possibilità “per l’Italia di diventare un hub europeo“. Ma serve una strategia per il Continente, perché molti dei Paesi con cui sono state rafforzate le partnership “sono esposti a gravi e alterne fasi di instabilità” che “comprometterebbero sul nascere ogni investimento e progetto“, con una debolezza che “è anche causa ed effetto del protagonismo ostile e assertivo di potenze come la Cina e la Russia che da tempo coltivano mire espansionistiche e neo coloniali in quel quadrante“.

Per il Copasir, comunque, l’Algeria, con cui è stato chiuso nei giorni scorsi un nuovo accordo, “rappresenta la prima alternativa” al gas russo. “L’incremento della fornitura di 9/10 miliardi di metri cubi annui che si aggiungerebbero ai 21 già importati nel 2021, sfruttando così la capacità massima del gasdotto Transmed che fino ad oggi era utilizzata in parte“. In questo scenario, le “aziende Partecipate dallo Stato nel settore energetico possono assicurare un contributo sicuramente cruciale“. Il Comitato punta molto sul ruolo di Eni, Snam, Enel e Terna ma chiede che le scelte per le governance non siano fatte da società di consulenza private, per questioni di sicurezza, vista la delicatezza dei temi che trattano.

Infine, c’è il capitolo dedicato al rincaro dei prezzi causato dalla crisi innescata dal conflitto tra Russia e Ucraina. “Avremo davanti due anni decisivi, dovremo sopperire ai maggiori costi per famiglie e imprese, nella prospettiva europea e con adeguate risorse anche nazionali“, si legge nel documento. Che accende i riflettori sull’indispensabilità di introdurre “a livello europeo” un tetto massimo al prezzo del gas. Ma, allo stesso tempo, è importante valutare “l’intervento pubblico” per gli acquisti di gas destinato agli stoccaggi, considerando che oggi “è immagazzinato da operatori di mercato” che, “in considerazione degli attuali elevati prezzi di acquisto, hanno ritenuto opportuno ed in alcuni casi indispensabile non assumersi il rischio di acquistare la materia prima agli attuali livelli del mercato“. E “il mancato raggiungimento dei livelli di stoccaggio programmati potrebbe però causare una indisponibilità della materia prima nei mesi più freddi dell’inverno 2022-2023“. La strategia energetica, dunque, torna al centro del dibattito istituzionale.

Nadia Bisson

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