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Ex Ilva, sentenza annullata: processo per disastro ambientale da rifare a Potenza

Tutto da rifare. La sezione distaccata di Taranto della Corte d’assiste d’appello di Lecce annulla la sentenza di primo grado del processo ‘Ambiente svenduto’ per disastro ambientale a carico della gestione dell’ex Ilva da parte dei Riva, giudicando competente il tribunale di Potenza.

Di fatto la corte accoglie il ricorso del pool difensivo, che sin dalle prime battute aveva ritenuto indispensabile cambiare perché da ritenere “parti offese” i giudici togati e popolari che avevano emesso il verdetto di colpevolezza a carico di 37 imputati e tre aziende. Uno degli avvocati dei Riva, Pasquale Annicchiarico, raggiunto al telefono da GEA, spiega che “è stata accolta la tesi che avevo presentato dieci anni fa“, perché “lo avevamo detto subito che quel processo doveva essere celebrato a Potenza: in sei mesi si poteva fare tutto e poi ripartire, invece abbiamo perso dieci anni“. Secondo quanto stabilito oggi in aula, dunque, “adesso ci saranno 15 giorni per il deposito delle motivazioni, che leggeremo con attenzione” e poi si attiverà l’iter per il passaggio di competenze del processo. Ma, stando a quanto sottolinea il legale, rispondendo a una precisa domanda di GEA, il rischio che nel frattempo intervenga la prescrizione non è così immediato. “Per certi reati i tempi sono lunghi...”, dice Annicchiarico. Secondo le recenti modifiche alle normative in materia di reati ambientali, la prescrizione per disastro ambientale adesso va dai 30 ai 37 anni, mentre per il reato di inquinamento ambientale è dai 12 ai 15 anni.

La reazione di politica e associazioni è di rabbia e delusione, se non addirittura rabbia. “Una giornata triste per tutti coloro che ci hanno creduto, ma noi non ci scoraggiano per niente“, è il commento dell’associazione ‘Genitori Tarantini‘, uno dei gruppi più attivi in questi anni. Su Facebook dice la sua anche uno dei legali di Gt, Maurizio Rizzo Striano: “Nel mio piccolo, da sempre sono stato convinto che la strada del penale non era quella giusta per mettere in ginocchio il mostro. Il processo penale serve a condannare i delinquenti non a fare chiudere industrie. Le prove raccolte nel processo resteranno inoppugnabili anche se alla fine non vi sarà nessuna condanna perché tutti i reati saranno prescritti”.

Scoramento viene espresso anche da un’altra associazione, Giustizia per Taranto: “Si dovrà ripartire da zero con grosse possibilità che vada tutto in prescrizione. Ennesimo schiaffo ai danni della città di Taranto. Le parole le abbiamo finite“.

Il Codacons, intanto, annuncia che presenterà un esposto “per incompetenza contro i giudici (Misserini e D’errico) che hanno emesso la sentenza annullata dalla Corte, affinché siano accertate le relative responsabilità nella vicenda giudiziaria“. Intanto, sulla decisione si esprimono in termini netti: “Enorme delusione, la giustizia italiana celebra il suo funerale”.

Anche per Legambiente è “una decisione sconvolgente: ingiustizia è fatta“. Il presidente nazionale, Stefano Ciafani, assieme ai presidenti delle sezioni regionale e tarantina, Daniela Salzedo e Lunetta Franco, attenderanno di leggere le motivazioni, ma assicurano che l’associazione “si costituirà come parte civile anche nel nuovo processo a Potenza“.

Dura anche la presa di posizione del portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli: “Sono esterrefatto! L’inquinamento è stata un’invenzione? Morti e malattie non hanno responsabilità? Questa non è giustizia. Con questa decisione su Taranto si infligge l’ennesima ferita dopo il disastro sanitario”. Il deputato di Avs cita alcuni dati: “A Taranto, nel corso degli anni, è stato immesso in atmosfera il 93% della diossina prodotta in Italia, insieme al 67% del piombo, secondo quanto riportato dal registro Ines dell’Ispra, successivamente diventato E-Prtr. Questa situazione ambientale drammatica spinse, il 4 marzo 2010, l’autorità sanitaria a vietare il pascolo entro un raggio di 20 km dal polo siderurgico“. Bonelli, poi, tuona: “Siamo di fronte a uno dei disastri sanitari e ambientali più gravi della storia italiana ed europea, che ha causato troppe vittime, soprattutto tra i bambini. Questa sentenza non rappresenta un atto di giustizia, ma una ferita inferta a chi ha già pagato un prezzo altissimo con la propria salute e con la propria vita“.

mariaelena.ribezzo

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