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Da Basiglio a Bufi l’esempio virtuoso delle comunità energetiche da fonti rinnovabili

Da Basiglio, comune della città metropolitana di Milano, a Blufi, piccolo Comune di circa 900 abitanti nell’entroterra palermitano. Dal nord al sud Italia, le comunità energetiche da fonti rinnovabili prendono sempre più piede, confermandosi come esempi da seguire per sviluppare progetti virtuosi su tutto il territorio nazionale. Soprattutto nel contesto italiano, che da una parte vede un grande fermento da parte di amministrazioni pubbliche, imprese e territori per la realizzazione di impianti da fonti di questo tipo e, dall’altra, numeri ancora risicati rispetto alla capacità potenziale di realizzazione e al raggiungimento degli obiettivi climatici del 2030.

A certificarlo è anche l’ultima edizione di ‘Comunità Rinnovabili’, il report di Legambiente che dal 2006 racconta quanto di buono si muove nei territori. E di buono ce n’è parecchio: a fronte di un incremento annuo nel 2021 di appena l’1,58% del contributo complessivo delle fonti rinnovabili al sistema elettrico italiano, i numeri delle comunità energetiche sono invece in forte crescita. Cento quelle individuate da Legambiente nelle ultime tre edizioni del rapporto, di cui 35 effettivamente operative, 41 in progetto e 24 all’inizio del loro percorso. Tra queste, 59 sono state censite nell’ultimo anno e vedono coinvolte famiglie, Comuni e imprese sotto forma sia di comunità energetiche rinnovabili che di configurazioni di autoconsumo collettivo.

Qualche esempio? Basiglio e Blufi, precedentemente citate, sono rispettivamente la prima Comunità Energetica Rinnovabile dei Comuni della Città Metropolitana di Milano e il primo tassello di un nucleo aggregante diffuso all’interno del Parco delle Madonie. Ma ci sono anche Amares, la comunità energetica composta da sole imprese di Ripalimosani, in Molise, o ‘CER Nuove Energie Alpine’ del cuneese, capace di superare la criticità del vincolo alla cabina primaria. Riunisce infatti sotto di sé configurazioni diverse di energia condivisa, che in condizioni ‘normali’ sarebbero state comunità energetiche separate, distribuite in Comuni serviti da cabine primarie differenti, interfacciandosi poi con il GSE attraverso uno unico gestionale nella piattaforma dedicata. E se la viterbese ‘Comunità Energetica Rinnovabile Gallese’ è nata nel contesto di un progetto europeo, quella di Ventotene è la prima operante su un’isola del Mediterraneo.

E ancora, a Sestri Levante, in provincia di Genova, la Comunità Energetica Quartiere Tannino fa da stimolo alla riqualificazione degli edifici pubblici: i pannelli sono installati infatti sulle coperture dei magazzini del centro del riuso e dell’ostello cittadino. ‘Solisca’, che riunisce i soci della comunità energetica di Turano, nel Lodigiano, ha deciso di ripartire il premio derivante dal GSE tra tutti i membri, tra cui una ventina di utenze familiari a basso reddito, in modo da estendere i vantaggi dell’autoconsumo a chi rischia di vedersi tagliato fuori dalla transizione verso le rinnovabili. A Imola, Energia Verde Connessa vede collaborare tre imprese, due con il ruolo di prosumer – ovvero di produttrici e consumatrici di energia rinnovabile – e una con quello di consumatrice dell’energia verde in eccedenza. Differenziazione è la parola d’ordine a Foiano di Valfortore, piccolo Comune dell’entroterra di Benevento, il cui progetto è quello di sfruttare differenti fonti rinnovabili per garantire il completo soddisfacimento del fabbisogno energetico dei propri soci. Per arrivare fino alla Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale di Messina che, seguendo l’esempio di Napoli Est, vuole trasformarsi anche in un’occasione di riscatto sociale per quartieri e rioni difficili. Dando così avvio a un processo di maggiore giustizia sia ambientale che sociale.

Nadia Bisson

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