“Lunedì al Consiglio Affari esteri di Bruxelles si discuterà” della questione del Mar Rosso. “Con Francia e Germania stiamo formalizzando una proposta e sono ottimista sulla missione europea, a cui potrebbero partecipare anche i Paesi non Ue, per garantire il traffico mercantile“, annuncia il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, durante la conferenza stampa di presentazione della presidenza italiana del G7 alla Farnesina. “La nostra Marina militare sta già proteggendo le navi mercantili italiane, ma c’è un problema economico non secondario. Quasi il 40% del nostro Pil dipende dall’export e quindi la riduzione del traffico marittimo ci preoccupa perché siamo passati da 400 a 250 navi giorno. Sono aumentati i costi assicurativi e si allungano i tempi di percorrenza perché fare il periplo dell’Africa significa perdere 15 giorni“. Per il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, in realtà “per il momento non ci sono conseguenze, e non vediamo un problema per inflazione e prezzi, ma dobbiamo monitorare perché le tensioni in questo settore, con conseguenze sui costi di trasporto, sono chiaramente molto sensibili”, ribadendo che possibili conseguenze negative per le tensioni nel mar Rosso “potrebbero materializzarsi”.
Gli attacchi Houthi alle navi, scattati a dicembre, e la risposta militare anglo-americana di questi giorni, hanno fatto sì che i transiti commerciali attraverso il Canale di Suez sono scesi al livello più basso da quando la Ever Given aveva bloccato il corso d’acqua quasi tre anni fa. Secondo i dati di Portwatch, piattaforma di dati gestita dal Fondo monetario internazionale e dall’Università di Oxford, la media mobile su sette giorni delle traversate giornaliere di Suez da parte di navi mercantili, portacontainer e petroliere è scesa a 49 domenica. Un dato in calo rispetto al picco giornaliero di 83 transiti registrato nel 2023 alla fine di giugno e inferiore alla media di sette giorni di un anno prima di 70 transiti. Le navi in massa stanno girando intorno all’Africa, passando dal capo di Buona Speranza, per arrivare dall’Asia in Europa, principalmente al porto di Rotterdam. E “fare la circumnavigazione dell’Africa invece che passare dal Canale di Suez, è ovvio che crea problemi di logistica, di tempo e di costi: i noli stano schizzando, tutto quello che viaggia avrà una spinta a rialzo dei prezzi che contrasterà le battaglie delle banche centrali per riportare l’inflazione dove siamo abituati a vederla“, commenta il presidente dell’Enel, Paolo Scaroni, ai microfoni di SkyTg24 a margine del World Economic Forum di Davos.
Sempre più aziende che esportano merci dall’Asia all’Europa spediscono via aerea anziché via nave. Normalmente, i produttori preferiscono spedire le loro merci perché è molto più economico, ma in questo momento la differenza di prezzo si è ridotta poiché gli operatori di navi portacontainer dirottano le loro navi dal Mar Rosso al Capo di Buona Speranza. Per questo la domanda di trasporto aereo sulle rotte Asia-Europa è aumentata, così come le tariffe aeree: Reuters ha riferito oggi che la tariffa per il trasporto di qualcosa dalla Cina all’Europa è aumentata del 91% questa settimana rispetto alla settimana scorsa.
Per ora gas e petrolio non sembrano però risentire di questa rivoluzione dei trasporti mondiali, nonostante il Qatar abbia annunciato che non passerà dal Mar Rosso per portare il suo Gnl e sebbene l’Europa abbia importato una media di 2,3 milioni di barili al giorno di prodotti petroliferi dal 1° al 17 gennaio, in calo rispetto ai 2,9 milioni di barili al giorno di dicembre, ovvero un meno 20%. Il prezzo del gas scivola di un altro 6,2% a 27,8 euro per megawattora perché l’offerta di gas liquefatto americana è notevole, in un contesto tra l’altro di stagnazione economica europea e di una riduzione dei consumi per uso domestico, mentre gli stoccaggi sono ancora pieni al 78%. Anche il petrolio continua a calare, col Wti a 71,6 dollari e il Brent a 77 dollari al barile, perché gli ultimi dati sull’inflazione occidentale è leggermente superiore alle attese e le parole dei banchieri centrali non sembrano favorire un repentino taglio del costo del denaro rafforzando così il dollaro, una tendenza che tradizionalmente indebolisce le quotazioni dell’oro nero appunto in dollari.
E poi c’è il tema della debolezza cinese. L’economia dell’ex celeste impero è cresciuta del 5,2% su base annua nel quarto trimestre del 2023, più velocemente della crescita del 4,9% nel terzo trimestre, ma inferiore alle previsioni di mercato del 5,3%. La produzione industriale è aumentata di più in quasi due anni, ma le vendite al dettaglio sono aumentate meno in tre mesi e il tasso di disoccupazione rilevato è salito ai massimi di quattro mesi. Per l’intero anno, anche l’economia è cresciuta del 5,2%, superando l’obiettivo ufficiale di circa il 5% e riprendendo da un +3% nel 2022. Escludendo gli anni della pandemia fino al 2022, la crescita del Pil nel 2023 rappresenta il ritmo più lento di crescita annuale dal 1990, per la crisi immobiliare prolungata e i consumi deboli.
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