Sergio Trezzi è il managing director di Nuveen, società d’investimenti di TIAA (il fondo pensione degli insegnanti americani), che gestisce oltre 1,1 trilioni di dollari di asset in 27 Paesi. Nelle ultime settimane il gruppo ha annunciato nuove strategie di investimento green, dalla creazione del fondo Ucits che punta su infrastrutture sostenibili alla Global Timberland ovvero l’allocazione di risorse in foreste, anche con l’obiettivo di provare a sostituire in futuro il calcestruzzo.
Dottor Trezzi, la transizione energetica ed ecologica porta con sè rilevanti costi. Che strategia ha scelto Nuveen per accompagnare imprese e clienti verso l’obiettivo della decarbonizzazione?
Per noi transizione non è un costo, ma un trend secolare capace di portare lavoro e liberare nuove opportunità. I dati confermano che se non valuti un asset con il solito criterio rischio/rendimento, ma inserisci anche le emissioni di carbonio, allora l’allocazione diventa più efficiente. Penso alla strategia Global Infrastructure, riclassificata per rispondere alle crescenti esigenze di decarbonizzazione e per colmare il deficit di investimenti in infrastrutture per l’energia pulita, che investirà in aziende che stanno contribuendo ad affrontare le principali sfide ambientali al fine di favorire la transizione energetica, la gestione dei rifiuti e il trattamento e la fornitura di acqua. O penso a Global Timberland, strategia che punta a offrire agli investitori un’esposizione mirata sugli investimenti in asset forestali sostenibili, in aree geografiche strategiche, quali Stati Uniti, Cile, Uruguay, Canada, Nuova Zelanda e Australia. Quasi tutti i nostri fondi sono articolo 9, ricordo, secondo la direttiva europea Sdfr.
Quale ruolo può avere il risparmio gestito nella transizione?
Gli asset manager hanno un ruolo fondamentale. Il tema si può dividere in due: da un lato le aziende, insieme alla normativa, possono indirizzare investimenti verso obiettivi rilevanti, ad esempio infrastrutture Clean Energy sia bond che equity, dal lato degli investitori c’è la possibilità di accedere a mercati che prima erano inaccessibili. Questo è un trend secolare, fondamentale, che gradualmente sta entrando nell’attività tradizionale. Faccio un esempio: una volta non si usava la cintura di sicurezza, quando è stata imposta abbiamo iniziato a usarla e per mia figlia, adolescente, ora è normale metterla. Mi spiego: la gente prima non guardava gli investimenti green pur disponibili, ma oggi non ne può fare a meno perché capisce la necessità di averli.
Avete notato un’accelerazione verso investimenti in rinnovabili da parte dei risparmiatori?
Assolutamente, il retail arriva intanto perché in parte è guidato ma anche perché i risparmiatori stessi si rendono conto della correttezza degli investimenti. Ora sono consapevoli che ha senso investire su pale eoliche e fotovoltaico, poi capiranno pure la strategia Timberland… ci vorrà magari qualche anno ma arriverà. Faccio un esempio: si investe in Timberland perché c’è tanta domanda di legno, se c’è domanda cresce il prezzo, ma se non lo si usi, il legno cresce e acquista più valore. Inoltre se si investe in Timberland si ottengono crediti perché si abbattono emissioni di carbonio. Ci sono alcune aziende che restano divoratori di questi crediti…
Servirebbero incentivi fiscali per agevolare investimenti su rinnovabili ed economia circolare?
Gli incentivi sono un acceleratore, come è accaduto ad esempio con i Pir o come accade con i titoli di Stato, sono sempre benvenuti. Ma semplicemente bisognerebbe permettere agli investimenti green di essere più realizzabili. Per costruire un parco eolico in Germania servono 18-24 mesi tra acquisto terreno, autorizzazioni e 6 mesi finali per la realizzazione dell’impianto. In Italia il tempo medio è invece di 60 mesi, ma quello della costruzione è sempre di 6 mesi. La differenza sta negli anni per le autorizzazioni, senza contare i conflitti fra vari enti territoriali. Se sbloccassimo questi iter anche gli investimenti sarebbero più ricettivi e veloci.
Nei prossimi decenni quale può essere il potenziale finanziario della transizione e di Nuveen?
Il potenziale è enorme. Quello delle energie pulite, secondo il green deal europeo, è di 470 miliardi l’anno, ovvero il gap che esiste per portarci alla transizione entro il 2031. Lo spazio c’è.
Nuveen parteciperà a Cop27?
Quest’anno non saremo alla manifestazione, anche se voglio sottolineare che la differenza tra gestori si basa su quello che si fa anno per anno… Noi di Nuveen grazie a rendicontazione sul clima, siamo al primo percentile fra oltre 1600 gestori di investimenti finanziari. Primo percentile…
La Bce ha fatto sosterrà maggiormente gli investimenti green. La crisi energetica e la guerra hanno accelerato la svolta green?
È una conferma ulteriore di una svolta necessaria per favorire la consapevolezza del sistema finanziario e del tessuto economico. Era già forte da anni, come spesso accade, c’è bisogno di un evento inatteso o grave per spingere la classe politica ad adeguarsi alle esigenze degli investitori. Quello che è accaduto accelererà la transizione.
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