Japanese automaker Nissan Motor's cars are displayed in a showroom next to the company's global headquarters in Yokohama, Kanagawa Prefecture on July 30, 2025. (Photo by Kazuhiro NOGI / AFP)
Lavori in corso, nulla da dichiarare. La Commissione europea non si sbilancia sul pacchetto automotive che verrà presentato il 16 dicembre dallo stesso esecutivo e che, secondo il presidente del gruppo Ppe all’Eurocamera, Manfred Weber, dovrebbe contenere lo stop al divieto di produzione dei motori endotermici dal 2035.
A lanciare l’indiscrezione era stato, giovedì sera, il quotidiano tedesco Bild, secondo il quale la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, martedì annuncerà proprio quella che, di fatto, è un’inversione di rotta. “Per le nuove immatricolazioni a partire dal 2035, diventerà ora obbligatoria per gli obiettivi di flotta dei produttori automobilistici una riduzione del 90% delle emissioni di CO2 invece che del 100%. Non ci sarà nemmeno un obiettivo del 100% a partire dal 2040. Questo significa che il divieto tecnologico per il motore a combustione è fuori discussione. Tutti i motori attualmente costruiti in Germania possono quindi continuare a essere prodotti e venduti“, ha detto Weber a Bild. Ma a Bruxelles, almeno per il momento, le bocche sono cucite. “Non possiamo confermare i contenuti del piano, i lavori sono in corso e contiamo di presentarlo la settimana prossima”, ha detto Paula Pinho, capo portavoce della Commissione europea, nel corso di una conferenza stampa.
L’annuncio ha raccolto il plauso del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani che da Heidelberg, in Germania avverte: “Dobbiamo impedire assolutamente che nel 2035 ci sia la possibilità di avere soltanto produzione di auto elettriche” perché per l’Italia il rischio è di “una perdita di 70 mila posti di lavoro, cosa che non ci possiamo assolutamente permettere“. Quando si fa politica ambientale, ha aggiunto, “bisogna sempre e comunque tenere conto del problema sociale, perché dall’ambiente fanno parte anche le donne e gli uomini. Quindi questo è un aspetto fondamentale”. Se il provvedimento verrà confermato, di fatto accoglierà le richieste di tutta la filiera dell’automotive, dai produttori alle associazioni di categoria, fino ai sindacati e a parte dei ministri competenti dei 27, Italia e Germania in testa. Se il tema ha avuto un merito è stato sicuramente quello di mettere tutti – o quasi – d’accordo. Nelle ultime settimane le pressioni su Bruxelles si sono fatte più intense.
Pochi giorni fa la premier Giorgia Meloni, insieme ai primi ministri di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, in una lettera inviata proprio a von der Leyen – a pochi giorni da quella scritta dal cancelliere tedesco Friedrich Merz sulla stessa linea – aveva chiesto all’Ue di “abbandonare, una volta per tutte, il dogmatismo ideologico che ha messo in ginocchio interi settori produttivi”, tra cui l’automotive. In particolare, i leader ribadivano la necessità che la prossima revisione del regolamento europeo “confermi, anche dopo il 2035, il ruolo dei veicoli elettrici ibridi plug-in (Phev), della tecnologia delle celle a combustibile e introduca il riconoscimento dei veicoli elettrici con estensori di autonomia (Erv), nonché di altre tecnologie future che potrebbero contribuire all’obiettivo di riduzione delle emissioni”. In sostanza, la richiesta è quella di puntare sulla neutralità tecnologica: stesso risultato – cioè la decarbonizzazione – ma con strade diverse. In particolare, per Meloni e gli altri premier, “la proposta dovrebbe riconoscere il ruolo dei carburanti a zero, basse emissioni di carbonio e rinnovabili nella decarbonizzazione dei trasporti, incluso il trasporto su strada, classificando anche i biocarburanti (carburanti rinnovabili) come carburanti a zero emissioni di carbonio”.
Proposta condivisa dall’Acea – l’associazione europea dei costruttori di automobili – e ribadita più volte anche dal ceo di Stellantis, Antonio Filosa, che appena due giorni fa, in occasione dell’assemblea pubblica dell’Anfia, ha chiesto che l’Ue usi lo stesso “pragmatismo” di Donald Trump per “allineare le regole al mercato”. In Europa, infatti, “le normative troppo stringenti e l’eccessiva dipendenza dalle catene di fornitura extra-europee ci impediscono di guardare al futuro con la stessa fiducia” che “abbiamo negli Stati Uniti”. Ecco perché bisogna “agire con urgenza per restituire competitività alla filiera europea e rivedere le regole relative alle emissioni, riconoscendo il fatto che non esiste una sola strada da percorrere per arrivare a destinazione”. L’Anfia oggi non si sbilancia e preferisce attendere la proposta di revisione ufficiale della Commissione europea prima di commentare. Ma Roberto Vavassori, presidente dell’Associazione, lo ha ricordato più volte: l’elettrico “sarà la tecnologia di tendenza dei prossimi anni”, allo stesso tempo “dobbiamo dire che è una colpevole miopia pensare” che sia l’unica possibilità per raggiungere “gli obiettivi così sfidanti che l’Europa si è data”.
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