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Edilizia sostenibile, un mattone rivoluzionario: l’idea di Catalyst

Utilizzare i materiali provenienti dalla demolizione degli edifici per dare vita a mattoni nuovi e resistenti: la proposta dell’azienda toscana potrebbe cambiare il mondo dell’edilizia. Un’idea rivoluzionaria può nascere anche da una semplice osservazione. È il caso di Catalyst, realtà fiorentina che intende promuovere il riciclo dei materiali che derivano dalle demolizioni con una proposta decisamente innovativa: riempire dei mattoni multipli utilizzando ciò che viene prodotto dall’abbattimento di un edificio esistente. Un approccio sostenibile che è orientato al ‘volume zero’: conservare il suolo tramite costruzioni da erigere sui terreni che in precedenza ospitavano già degli edifici, la cui demolizione si è resa necessaria a causa dell’usura del tempo.

La storia di Catalyst prende il via grazie a un’osservazione che aveva il sapore della battuta. Lo racconta a GEA Franco Paolieri, uno dei fondatori dell’azienda: “Una persona a noi vicina un giorno si chiese cosa ne avremmo fatto di tutta quella polvere di marmo che da secoli inquina la provincia di Carrara. Qualcuno suggerì di metterla nel mattone del babbo, che aveva brevettato una specie di mattone multiplo che poteva accogliere materiale di questo genere. Successivamente abbiamo pensato di riempire questo manufatto con componenti diversi, altre forme di lapidei, come il ricavato della demolizione dell’edilizia in genere”, spiega. Un’idea semplice, ma di grande impatto, che consentirebbe di demolire edifici vetusti e di ricostruirli a tempo di record, senza consumo di suolo e di nuovi materiali.

La soluzione ideale per un mondo, come quello dell’edilizia sostenibile, che deve necessariamente guardare alla resistenza dei fabbricati riuscendo però a limitare l’impatto delle emissioni: “Due mattoni fatti con il peggior materiale possibile preso da demolizioni, incollati con la colla, sono più resistenti di due mattoni nuovi, vergini, incollati con la malta – prosegue Paolieri – e questo è stato dimostrato. Bisognerebbe espandere questo principio”. Uno dei riferimenti principali di Catalyst è dato dal terremoto del Centro Italia, un’area che ospita ancora moltissimo materiale da demolire e che sarebbe di difficile smaltimento. Collocarlo in nuove costruzioni “sarebbe l’idea vincente”, aggiunge Paolieri: non solo si risparmierebbe suolo e smaltimento dei materiali, ma si andrebbe anche ad abbattere i costi, in termini economici e di emissioni, provocati dal trasporto degli stessi materiali.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – è la convinzione di Paolieri – può essere l’occasione per far diventare questi luoghi la più grande fabbrica italiana. Pensare che si possa, in pochi giorni, demolire tutto ciò che è danneggiato e ricostruire in tempi rapidissimi è follia. E si è fuori strada se si crede che sia possibile portare via quel materiale e consegnarlo alle discariche limitrofe”. L’approccio di bioarchitettura sostenibile trasmesso da Catalyst potrebbe dunque rivoluzionare il mondo dell’edilizia per come lo conosciamo.

Nadia Bisson

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