Le principali compagnie petrolifere e del gas del mondo sono ben lontane dal compiere gli sforzi necessari per limitare il riscaldamento globale e in alcuni casi hanno fatto marcia indietro rispetto ai loro impegni. E’ quanto emerge da un rapporto di Carbon Tracker che, però, assegna ai gruppi europei un punteggio più alto. “I progressi delle compagnie petrolifere e del gas nel rafforzare i loro impegni in materia di emissioni sono in fase di stallo, e la maggior parte di esse è rimasta nella stessa fascia dell’anno scorso”, spiega il think tank Carbon Tracker.
Il rapporto annuale di 36 pagine, Absolute Impact 2023, rivolto in particolare agli investitori, fa il punto sulle ambizioni climatiche delle 25 maggiori compagnie petrolifere e del gas, comprese quelle di proprietà statale. Si tratta di un settore che sarà oggetto di un intenso esame alla COP28 che si terrà a Dubai alla fine dell’anno. La Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, dove si prevede una dura battaglia sulla fine dei combustibili fossili, dovrebbe rimettere il mondo in carreggiata con l’Accordo di Parigi: limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, e se possibile a 1,5°C, rispetto all’era preindustriale.
Tuttavia, il rapporto rileva che molti piani climatici aziendali si basano su metodi che non sono stati dimostrati su larga scala, come la cattura e lo stoccaggio del carbonio e la compensazione delle emissioni. Il rapporto rileva inoltre che “alcune aziende stanno facendo marcia indietro rispetto ai loro impegni”, come la BP, che ha abbassato l’obiettivo di riduzione della produzione di idrocarburi per il 2030 dal 40% al 25%. E la Shell, che ha annunciato che la sua produzione di petrolio rimarrà stabile fino al 2030.
“La nostra analisi mostra che le maggiori compagnie petrolifere e del gas del mondo continuano a mettere a rischio gli investitori non pianificando tagli alla produzione (di idrocarburi) in linea con l’obiettivo di Parigi di 1,5 gradi”, commenta Mike Coffin, coautore del rapporto.
Delle 25 società, “solo” l’italiana Eni ha obiettivi “potenzialmente” in linea con l’obiettivo di Parigi, secondo il think tank. TotalEnergies è al secondo posto. Ma mentre l’Eni è in cima alla classifica per il quarto anno consecutivo, la credibilità dei suoi obiettivi potrebbe essere messa in discussione “dato che dipendono dalla vendita di asset, oltre che da tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio e compensazioni di carbonio non dimostrate”, sottolinea Carbon Tracker.
“Le principali compagnie europee sono in cima alla classifica, con obiettivi sistematicamente più ambiziosi di quelli dei loro rivali nordamericani, mentre gli impegni più deboli sono stati presi da ExxonMobil e da cinque compagnie petrolifere prevalentemente statali: Aramco, la brasiliana Petrobras e le cinesi Sinopec, PetroChina e Cnooc”, riassume Carbon Tracker nella sua presentazione.
Dietro l’Eni si colloca TotalEnergies, che ha preso il posto di Repsol, ora al terzo posto, davanti a BP e Shell. Considerate “più progressiste” rispetto ai loro concorrenti, TotalEnergies, Repsol e BP hanno dichiarato obiettivi di “carbon neutrality” entro il 2050 e obiettivi intermedi entro il 2030 “ma questi scopi escludono le emissioni di alcune attività chiave”, osserva Carbon Tracker.
Circa 16 compagnie, tra cui ExxonMobil e Conoco, hanno obiettivi che coprono solo le loro emissioni operative, cioè non coprono le emissioni generate dalla combustione del petrolio e del gas che i loro clienti acquistano – circa il 90% della loro reale impronta di carbonio. Società come Shell ed Equinor hanno obiettivi molto distanti, per il 2050, “ma non obiettivi intermedi assoluti”, il che è comunque considerato un passo essenziale.
All’ultimo posto, la saudita Aramco “è l’unica azienda che limita i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni agli asset che possiede e gestisce interamente”, sottolinea Carbon Tracker, senza contare il fatto che fissa un obiettivo di riduzione solo in relazione a una traiettoria di crescita futura, riducendo di fatto i suoi sforzi.
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