Il nucleare è “fondamentale” per le imprese, ma restano diversi punti interrogativi su costi e rischi. L’indagine conoscitiva delle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera allarga ancora l’orizzonte verso la tecnologia scelta dal governo per arrivare all’ampliamento del mix energetico futuro dell’Italia.
A Montecitorio è Confindustria a spiegare il punto di vista delle aziende, con una premessa che è anche un allarme lanciato alle istituzioni: “Oggi paghiamo l’energia in maniera consistentemente maggiore rispetto ai partner europei. A gennaio il mercato dell’energia elettrica ha superato i 150 euro al megawattora e il gas naturale ha sfondato quota 50 euro: sono cifre sensibilmente maggiori degli altri Paesi Ue e stanno minando sensibilmente la competitività”, è l’incipit del ragionamento condotto dal delegato del presidente per l’Energia, Aurelio Regina. Il target che auspicano gli industriali è “integrare l’opzione nucleare, che riteniamo fondamentale, nei meccanismi che già oggi in parte operano sulle rinnovabili, in un mercato unico sganciato dalla produzione termoelettrica”.
Sugli strumenti, poi, l’attenzione è focalizzata sugli Small modular reactors, che si prevede entrino in funzione non prima del 2030, “anche se molto probabilmente non sarà ancora del tutto matura”, ammette l’esperto. Anche sui costi resta qualche incertezza. O meglio, al momento “l’unico studio a cui fare riferimento è quello sviluppato da Edison, secondo cui il costo al MWh del nucleare di nuova generazione è simile a quello delle rinnovabili”, dice Regina. Annunciando che entro pochi sarà presentato uno studio Confindustria-Enea proprio per chiarire diversi aspetti del tema, compreso quello economico.
Anche le pmi soffrono “costantemente del prezzo dell’energia, non solo in termini assoluti ma anche relativi”, avverte Confapi, rimarcando la “assoluta esigenza di creare una fonte di energia regolare” come il nucleare.
Ma c’è anche chi suggerisce di tirare il freno a mano su questa tecnologia, come la Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Dati alla mano, “la produzione nel 2023 è stata più bassa di quella di vent’anni fa”, superata anche da eolico e fotovoltaico, mette in luce il responsabile Energia, Andrea Barbatella. Che prende a modello le cifre dell’Agenzia internazionale dell’energia: “Eolico e fotovoltaico dispacciano attorno ai 50-60 euro/MWh, mentre il nucleare oltre 160 euro/MWh”. Pure sugli Smr ha qualche dubbio: “Affidare le sorti del clima, quindi dell’umanità, a una promessa non testata dai fatti sembra un rischio eccessivo da correre”.
Altro aspetto che la Camera analizza è quello sanitario, con l’audizione del direttore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell’Istituto superiore di Sanità, Francesco Bochicchio. “Il Piano nazionale di emergenza che l’Italia ha prende in esame solo incidenti in impianti posti fuori dal territorio nazionale”, ma dovrebbe considerare anche quelli al suo interno, ecco perché “andrebbe rivisto completamente”. Non solo, ci sono anche altre criticità, come quella legata al trasporto di combustibile nucleare, necessario per i due terzi ogni anno, con “rischi durante questa fase maggiori, come probabilità, rispetto a incidenti o atti dolosi”. E lo smaltimento dei rifiuti radioattivi, che hanno “entità delle radiazioni emesse e durata dei radionuclidi ben superiori rispetto a quella degli altri rifiuti per usi medici e industriali, anche per migliaia di anni”, spiega Bochicchio.
Il dibattito è in corso, ma il sentiero sembra essere ancora lungo da percorrere per il nucleare. Di certo, per ora, c’è che la strada è aperta.
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