Il rumore dei trattori e l’Europa che non può restare sorda

Nel corso di GeaTalk, il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti ha manifestato con garbo la paura che le proteste di questi giorni con baricentro Roma possano degenerare, come se – usando una metafora – gli agricoltori sbandassero e perdessero il controllo dei loro trattori. Che fanno molto rumore e che si portano appresso una serie di rivendicazioni di buonsenso tipicamente contadino. Sempre Giansanti, con un filo in meno di garbo, ha sottolineato che se si è arrivati a questo punto la colpa è (anche) dell’Europa, incapace di ascoltare, chiusa nella sua bolla dell’irrealtà. Dunque: il fracasso dei trattori e l’orecchio duro di Bruxelles. Perché il punto è sempre lo stesso, e non vale solo per l’agricoltura ma per tanti altri settori: decarbonizzare, cioè essere virtuosamente green, senza per forza mettere in ginocchio comparti cruciali per la sopravvivenza dell’Europa stessa. L’incastro è complicato ma qualcuno comunque è ‘tuned’ in questa Ue sorda: prova ne sia che proprio oggi la Commissione ha fatto retromarcia sui pesticidi, allentando in parte la tensione. Eppure non basta.

Qualcosa d’altro deve ancora succedere affinché si smorzino i malumori, qualcosa di grande e di grosso. Perché si stanno per giocare partite importanti: quella dell’Ucraina, che nel momento in cui entrerà nella Ue sarà di difficile gestione (“uno spaccaghiaccio”, per citare sempre Giansanti); quella del Mercosur, che rappresenta una minaccia non tanto per la quantità e la qualità dei prodotti quanto per i parametri diversi che appartengono a mercati produttivi diversi. In un contesto di libera concorrenza è indispensabile che le regole siano uguali per tutti. In buona sostanza, se la Ue vuole aprire ai sudamericani bisogna che i sudamericani siano allineati con l’Europa. Più facile da dirsi che da farsi.

Il 26 febbraio si discuterà a Bruxelles della semplificazione della Pac, ma in queste tre settimane scarse sarà indispensabile un riallineamento anche in Italia, là dove i maggior fondi scaturiti dal Pnrr (da 5 a 8 miliardi) evidentemente non sono sufficienti, anche perché nella legge di Bilancio i fondi sono meno rispetto a quelli percepiti in precedenza. Si aspettano, gli agricoltori, di essere convocati dal governo, dal ministro Francesco Lollobrigida e dalla premier Giorgia Meloni. Si aspettano che vengano messe a terra provvedimenti concreti e non chiacchiere. Con una paura, esternata sempre da Giansanti: che la questione agricola diventi solo una faccenda elettorale.

Vittorio Oreggia

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