L’inflazione Usa non sale più per l’energia, è questione immobiliare

L’inflazione americana, vero termometro dei mercati internazionali, continua a salire: +0,4% a settembre nei confronti di agosto. Però “solo” +8,2% rispetto allo stesso mese del 2021, ad agosto era +8,3%. Sia il dato congiunturale che tendenziale sono comunque peggiori delle attese, fatto che ha mandato ko i listini di mezzo mondo subito dopo la diffusione del dato, perché se i prezzi non si raffreddano le banche centrali continueranno ad alzare i tassi d’interesse. Quindi denaro più caro. Ma al di là dello scrollone quasi automatico sui mercati, si è assistito poi a un forte recupero delle stesse Borse. Tant’è che Piazza Affari ha recuperato il terreno perduto e in un paio d’ore si è portata a +1,5%, seguendo la risalita anche di Wall Street. Come mai? L’inflazione non fa più paura? Analizzando i dati del dipartimento americano si nota una inversione di tendenza.

L’indice energetico è sceso del 2,1% a settembre dopo essere calato del 5% ad agosto. La benzina è diminuita del 4,9% dopo un -10,6% ad agosto. Certo, il gas naturale è cresciuto a settembre, +2,9%, e pure l’elettricità è aumentata dello 0,4%, però complessivamente l’energia non sembra più la causa scatenante dell’inflazione. Il virus del caro-prezzi ora sta alimentando i rialzi degli alimentari, specie del cibo fuori casa (doppio +0,9% consecutivo negli ultimi due mesi). Ma per far scendere i prezzi ora il faro è puntato sull’immobiliare, come ha spiegato un membro del board della Fed, Christopher J. Waller, all’università del Kentucky pochi giorni fa. Il vero nemico della banca centrale è dunque l’inflazione cosiddetta “core“, ovvero quella calcolata escludendo energia e cibo, che è tornata ai massimi dal 1982.

Negli ultimi due rapporti sull’inflazione, i servizi abitativi hanno contribuito in modo determinante alla misurazione dell’inflazione. Negli ultimi rapporti sull’inflazione, i prezzi delle case sono aumentati dello 0,7% su base mensile. L’edilizia abitativa ha un peso importante negli indici dei prezzi, poiché le famiglie spendono una parte considerevole del proprio reddito in servizi abitativi. La combinazione di un’inflazione mensile elevata e di un peso elevato nella misurazione dei prezzi complessivi significa che l’inflazione immobiliare è un fattore chiave del caro-prezzi ed è una componente particolarmente persistente che resterà probabilmente alta per diversi mesi”, ha detto Waller. È vero che l’incremento repentino dei tassi, fa sì che gli interessi da pagare, specie sugli affitti, aumentino, però “solo una piccola parte delle famiglie firma un nuovo contratto di locazione in un determinato mese o rinnova il contratto di locazione ogni mese. Quindi, quando viene calcolata l’inflazione mensile degli alloggi, include un’ampia quota di case in affitto in cui gli affitti non sono cambiati. Di conseguenza, i cambiamenti nelle condizioni di mercato si manifestano nelle statistiche sull’inflazione solo nell’arco di diversi mesi. Detto questo, c’è un barlume di speranza nelle letture più recenti degli affitti richiesti, dove il tasso di aumento è leggermente diminuito. Questo ritmo più lento dovrebbe alla fine contribuire a un rallentamento dell’inflazione immobiliare, anche se potrebbe non essere visto fino alla fine del prossimo anno”.

In definitiva, conclude Waller, “mentre è probabile che le abitazioni continuino a contribuire all’elevata inflazione nel breve termine, nel medio termine i tassi ipotecari più elevati dovrebbero rallentare la componente dell’inflazione immobiliare poiché la domanda di alloggi si raffredda. Nel frattempo, l’aumento dei tassi di interesse più ampi dovrebbe aiutare a moderare la domanda e frenare l’inflazione in altri settori”.

Le spese per la casa movimentano materie prime e forza lavoro, oltre che credito. Finché dunque non si raffredderà il mattone, la Fed – a partire dal prossimo 1-2 novembre – continuerà ad alzare prepotentemente i tassi per far scendere prezzi e acquisti. Il paradosso è che il boom immobiliare è stato favorito proprio dalla Fed tenendo il costo del denaro a zero o poco più per oltre un decennio…

(photo credits: ANGELA WEISS / AFP)

Nadia Bisson

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