Stati Uniti al centro della conferenza stampa annuale di Giorgia Meloni con i giornalisti parlamentari: dai rapporti tra la premier ed Elon Musk, al giallo dell’accordo con SpaceX, passando per i rischi della politica annunciata da Donald Trump, protezionista sul fronte commerciale e aggressiva su quello geopolitico, con le minacce alla Groenlandia e al canale di Panama. Ma nelle tre ore di incontro si è parlato anche della liberazione della giornalista Cecilia Sala, di lavoro, di Piano Mattei. La premier glissa invece sull’aumento massiccio dei costi dell’energia in Italia: “Non è una questione su cui si può rispondere in 20 secondi, quindi per rispetto ai colleghi mi fermo qui“, risponde. Per l’esecutivo nessun pericolo di rimpasto, giura: “E’ già il settimo governo per longevità della storia nazionale, procediamo a grandi falcate per scalare la classifica“. Il sogno di Matteo Salvini all’Interno entro fine legislatura? Spezzato senza lasciare spazio a equivoci: “Sarebbe un ottimo ministro dell’Interno, ma anche Piantedosi lo è e lo voglio ringraziare”.
La presidente del Consiglio smentisce categoricamente le voci sull’accordo per Starlink, derubricandole a “fake news” e difende Musk sul quale dice di non voler vedere addosso una “lettera scarlatta” solo per la reciproca vicinanza. Nessun “favore agli amici“, garantisce, assicurando di prendere decisioni valutando i problemi “solo con la lente nazionale“. Il punto è mettere in sicurezza alcune comunicazioni molto sensibili per la Difesa e SpaceX, ricorda Meloni, è tecnologicamente il soggetto più avanzato per fare questo lavoro perché al momento “non ci sono alternative pubbliche“. Il problema esiste ed è, ribadisce, un tema di sicurezza nazionale: “Tutto il resto è dibattito buono per opposizioni a corto di argomenti, ma è un altro tema“.
Quanto alle presunte ingerenze politiche del patron di Tesla, Meloni confessa di considerare “più pericoloso” George Soros che, accusa, “si trincera dietro una campagna antisemita che nessuno fa” mentre è “molto più ingerente di quanto non lo sia Musk”. Gli Stati Uniti restano al centro delle domande, che evocano lo spettro dei dazi promessi da Trump. Sarebbero un problema, ammette la prima ministra, ma “gli scogli si devono superare con il dialogo” e poi ricorda: “Non è una novità che le amministrazioni americane pongano la questione dell’avanzo commerciale. Il protezionismo non è un approccio che riguarda solo l’amministrazione di Trump“. La ricetta è dunque discuterne perché, confida, “delle soluzioni si possono trovare“. Nessun timore invece sulle minacce di annessione della Groenlandia con la forza: “Lo escludo“, scandisce, ipotizzando che le sue dichiarazioni del Tycoon siano un messaggio ad altri player mondiali: “La Groenlandia è un territorio particolarmente strategico, anche grosso, ricco di materie prime. La mia idea è che queste dichiarazioni rientrino nel dibattito a distanza tra grandi potenze, un modo energico per dire che gli Stati Uniti non rimarranno a guardare di fronte alla previsione che altri grandi player globali muovano in zone che sono di interesse strategico per gli Stati Uniti“.
Spostando lo sguardo a Sud, Meloni si dice fiera degli apprezzamenti incassati con il Piano Mattei. Nei primi nove Paesi del piano i progetti sono tutti già avviati. Le due grandi sfide per il 2025 saranno internazionalizzarlo e ampliarlo. Per allargarlo sono stati individuati cinque nuovi Paesi con cui stringere accordi: Angola, Ghana, Mauritania, Tanzania e Senegal. Perché il Piano vada in porto, però, servirà anche la stabilizzazione della Libia. Qui la trama si complica, perché la Russia aveva una forte presenza in Siria, con la sua flotta sul Mediterraneo. Con la caduta di Assad, avverte la premier, “è ragionevole che Mosca cerchi altri sbocchi e che uno di questi possa essere la Cirenaica”. La stabilizzazione definitiva della Libia, confessa, è “una delle questioni più complesse che mi sia trovata ad affrontare”. Ma quello della presenza russa in Africa è un tema che lei stessa pone da due anni: “Qualcosa si muove – registra -, lo abbiamo visto sia al G7 dei leader che al vertice Nato“.
Dopo le tre ore di conferenza, le opposizioni salgono sulle barricate: “Si è conclusa la conferenza della portavoce di Trump e Musk, aspettiamo quella della presidente del Consiglio d’Italia”, risponde su Instagram la segretaria del Pd, Elly Schlein. Di “conferenza propaganda” parla il deputato di Avs Nicola Fratoianni: “Tra battutine, difesa a spada tratta di Trump e Musk e risposte stizzite alle domande più scomode, la presidente del consiglio continua a millantare grandi successi al governo. Ma la cosa davvero insopportabile è il silenzio di sui veri problemi del Paese: stipendi troppo bassi, costo della vita troppo alto, incertezza per il futuro e mancanza di servizi“, osserva. “Meloni continua a dichiararsi pronta ad affidare a Elon Musk un servizio delicatissimo su cui passano informazioni riservate per il paese e dice ma perché dobbiamo mettergli una lettera scarlatta? Perché una persona che dice che vuole rovesciare il governo inglese e mandare il premier in galera, che ha sospeso la fornitura dei satelliti all’Ucraina dalla mattina alla sera è pericolosa e inaffidabile“, fa eco il leader di Azione, Carlo Calenda. Non accetta il dribbling sulle bollette la capogruppo del M5S in Attività produttive della Camera, Emma Pavanelli: “Ha detto che non ha tempo per parlare dei rincari, che non è una questione sulla quale si può rispondere in 20 secondi. Certo, come no. Lo vada a raccontare ai milioni di italiani che dovranno affrontare rincari assurdi già dall’inizio di quest’anno”, tuona, ricordando le continue richieste al governo di interventi strutturali: “Cara presidente Meloni, non ci vogliono 20 secondi, ci vuole impegno e subito!”.
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