IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI
In un tempo in cui le parole guerra e pace tornano quotidianamente nel dibattito politico, capire che “la pace è un bene prezioso quando la si possiede ed è da ricercare con tutte le forze quando la si perde” si può solo se si conosce la guerra e si è “preparati a fronteggiarla“. A tre giorni dal Natale, Giorgia Meloni visita il Comando operativo di vertice interforze per ringraziare gli uomini in divisa impegnati su diversi fronti e che trascorreranno le feste lontani dalle proprie famiglie.
La premier torna sul concetto di deterrenza come strumento indispensabile per la pace: “Non ho mai accettato l’idea di chi contrappone il pacifismo alle forze armate“, insiste, citando ancora, come già ha fatto più volte il ‘si vis pacem para bellum’, ‘chi vuole la pace prepari la guerra’ di Publio Vegezio Renato. “Il punto – spiega – è che il suo non è, come molti pensano, un messaggio bellicista, tutt’altro, è un messaggio pragmatico. Il senso è che solo una forza militare credibile allontana la guerra, perché la pace non arriva spontaneamente, la pace è soprattutto un equilibrio di potenze. La debolezza invita l’aggressore, la forza allontana l’aggressore“. Secondo la prima ministra, la forza degli eserciti sta nella loro credibilità e la diplomazia deve poggiare su “basi solide” che, dice collegata con le missioni internazionali, “voi costruite con il vostro sacrificio, la vostra competenza, la vostra professionalità, con il vostro coraggio. Se riusciremo a riportare pace, l’obiettivo più grande di questo tempo, sarà grazie a voi”.
Intanto, guardando a Est, il decreto armi per Kiev slitta ancora. Dev’essere approvato entro la fine del mese, ma non finisce sul tavolo del consiglio dei ministri neanche oggi. Resta la data del 29 dicembre, ultimo cdm previsto dell’anno: “Fare il decreto per il 2026 l’1 dicembre o il 29 non cambia nulla, perché un decreto legge entra immediatamente in vigore e ci basta che lo sia l’1 gennaio“, chiarisce sui social il ministro della Difesa, Guido Crosetto. “Farlo più tardi possibile – spiega – è solo un modo per avere più tempo per la conversione“.
In maggioranza la posizione non è compatta. La Lega di Matteo Salvini frena nuovi invii di armi: “Lavoriamo perché il decreto si incentri sulla difesa e non sull’attacco alla Russia”, ha sottolineato ieri il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Dalle colonne del Resto del Carlino però il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, torna a ripetere che si farà e che riguarderà sia la difesa che le armi: “Io mi auguro che non serva più inviare nessun armamento se si arriva alla pace. Ma, se sarà necessario, ci saranno anche gli invii di materiali militari. E mi pare che la Lega non si sia tirata indietro nei voti“, scandisce. Di “normali velature di opinioni diverse” parla Giovanni Donzelli, deputato FdI alla guida dell’organizzazione del partito, sicuro che la sintesi della leadership arrivi sempre “rapida ed efficace“. Nessuna preoccupazione, giura: “né per la maggioranza né per la tenuta della credibilità dell’Italia. Ne avrei se non ci fossimo noi al governo”.
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