Per destra e sinistra Trump non frenerà transizione eco. Ma ora Ue “se la intesti”

Il voto negli Stati Uniti è stato netto, ha vinto Donald Trump. Eppure, Oltreoceano restano i dubbi su quello che accadrà una volta che il tycoon tornerà allo Studio Ovale della Casa Bianca. In particolare che fine potrà fare la transizione ecologica, visto che il presidente eletto, in campagna elettorale, ha annunciato che uscirà di nuovo dagli accordi di Parigi sul clima, imporrà dazi anche all’Europa e, soprattutto, conferma di non credere nelle teorie sulla crisi climatica.

GEA ha chiesto a diversi responsabili di settore dei partiti italiani, di maggioranza e opposizione, se ci sono rischi che questo processo si interrompa bruscamente in America, con effetti a cascata tutti da verificare e quantificare anche in Europa. Il risultato è quasi sorprendente, perché da destra a sinistra nessuno crede che il ritorno di Trump alla guida degli Usa sarà un colpo mortale alla transizione. “Sicuramente c’è un problema serio che abbiamo difronte a noi”, risponde il deputato di Avs e portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli, perché la vittoria di Trump “imprimerà almeno uno stop a un Paese importante come gli Stati Uniti nella transizione ecologica globale”. Inoltre, “preoccupa molto la posizione assolutamente contro la scienza di Trump, che nega la crisi climatica e adesso, come abbiamo visto, anche sulla pandemia”. In questo quadro resta da capire “che ruolo Europa e Cina possono giocare insieme” perché i dazi imporrebbero “un cambio di scenario strategico dal punto di vista della politica estera dell’Unione europea, che a mio avviso deve cominciare a capire di dover interloquire con Pechino”.

Non sono rosee nemmeno le previsione di un’altra esponente del centrosinistra, l’eurodeputata Pd, Annalisa Corrado, ma almeno “la transizione ecologica non si ferma qui” così come “la decarbonizzazione è andata avanti malgrado il primo Trump e non si è arrestata come, invece, lui avrebbe voluto”. La responsabile Clima e Conversione ecologica della segreteria dem prevede piuttosto un “rallentamento” perché “in tanti ormai hanno capito che questa è la strada”. Semmai è “urgente e necessario che sia l’Ue a intestarsi” la Transizione: “Ne va della sicurezza e della serenità dell’Europa. Bisogna riacquistare un profilo autonomo”.

Sulla possibilità che la Cina diventi il nuovo interlocutore privilegiato, però, Corrado non si sbilancia: “Il multilateralismo dovrà trovare nuovi equilibri” e dunque “un’alleanza con chi traina il settore potrebbe essere interessante”, ma a suo parere “l’Europa non deve arretrare minimamente sulla conversione. Anzi, mi verrebbe da dire: leader cercasi, non solo dal punto di vista industriale ma anche sulla decarbonizzazione”.

Dalla Lega è Alberto Gusmeroli a rispondere alla domanda di GEA, ma il presidente della commissione Attività produttive della Camera conferma le posizioni già note: “Tutti vogliamo la transizione ecologica, ma che sia sostenibile economicamente e socialmente”.

Non vede particolari rischi nemmeno Luca Squeri, deputato e responsabile Energia di Forza Italia, che ricorda quale sia l’obiettivo finale: “L’emancipazione dal fossile”. Ragion per cui “al di là della necessità ambientale, che noi riconosciamo essere valida” la transizione “ci dà la possibilità di perseguire una indipendenza energetica, perlomeno a livello europeo, con le rinnovabili e il nucleare, che è un traguardo da raggiungere. E’ chiaro che se l’America prende una direzione addirittura contrastante – riconosce – non facilita l’obiettivo complessivo, perché in Europa rappresentiamo il 7-8% delle emissioni”. Ma l’impressione è che non creda a questa ipotesi. Così come sono tanti i dubbi a rinforzare la partnership tra Ue e Cina per contrastare l’eventuale virata Usa: “Dobbiamo interloquirci come con tutti gli altri continenti e potenze economiche e geopolitiche”, ma “quando abbiamo a che fare con un continente che sta realizzando decine di centrali a carbone non lo prenderei come esempio”.

Chiara Troiano

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