La tragica alluvione in Emilia Romagna di maggio, i cicloni para-tropicali sull’Europa, i chicchi di grandine come palline da tennis, le mareggiate, i venti di burrasca in città non di mare, le montagne ‘pelate’ in inverno, il caldo anomalo o addirittura il caldo da record dei record, le frane che hanno bloccato i valichi alpini. Potremmo ancora andare avanti, ma ci fermiamo qui. Tanto lo si è capito: a livello climatico è stato un anno vissuto pericolosamente. Al punto che, allargando il campo, almeno 12 mila persone nel mondo hanno perso la vita a causa di fenomeni estremi, tutto mentre l’Italia stava aggiornando il Pniec, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, considerato uno strumento indispensabile per raggiungere i traguardi che il Pnrr ha stabilito di qui al 2030.
Il 2023 è stato un anno particolare anche nell’interlocuzione con Bruxelles. Dalla direttiva sulle auto elettriche che entro il 2035 dovrebbero pensionare definitivamente quelle alimentate da motori endotermici, all’Euro7, alle case green, alla grana degli imballaggi, alle pompe di calore. Senza dimenticare che la gestione ultraintegralista di Franz Timmermans si è conclusa così, all’improvviso, un giorno di metà estate: era luglio e il pasdaran olandese del green tolse il disturbo per provare a vincere – perdendole – le elezioni nel suo Paese. Molti hanno salutato il suo addio con un sospiro di sollievo, tanti non hanno capito che alcuni percorsi legati alla decarbonizzazione, alla cattura della CO2, alla necessità di tenere sotto controllo la temperatura del Pianeta, sono ineludibili. Con o senza il barbuto Frans. Vediamo cosa e quanto cambierà la politica verde del nuovo esecutivo europeo, questione di pochi mesi e conosceremo la direzione che verrà presa. Immaginiamo non troppo diversa dalla precedente, magari con più equilibrio nell’applicazione pratica.
Il 2023 è stato l’anno della Cop (28) a Dubai. E dell’accordo in extremis sui combustibili fossili che, in teoria, dovranno scomparire entro il 2050 ed essere sostituiti da rinnovabili, idrogeno e nucleare. Dalle minacce del presidente Sultan al Jaber – che per pura coincidenza è anche l’ad di Adnoc, la compagnia petrolifera degli Emirati Arabi – si è approdati alla firma di un’intesa definita ‘storica’ da più parti. Per uno che qualche settimana prima della Cop aveva sostenuto che senza combustibili fossili il mondo sarebbe tornato all’età delle caverne, arrivare a una forma quasi paradossale di harakiri è abbastanza curioso. E sospetto. Ma a Sharm era andata peggio, per non dire a Glasgow. Tant’è, staremo a vedere.
Il 2023 è stato l’anno del Piano Mattei, abbozzato agli sgoccioli del 2022, e definito strada facendo. Forse spiegato al popolo a gennaio del 2024. Piano Mattei significa gas ma non solo; vuol dire gettare un ponte sull’Africa con ripercussioni sui flussi migratori e su parecchio altro. Gas e petrolio hanno cadenzato gli ultimi 12 mesi con un su e giù quasi imbarazzante. Più il gas del petrolio: a gennaio i future al Ttf di Amsterdam erano trattati a 60 euro al megawattora e oggi sono poco sopra i trenta; un barile di Brent valeva 85 dollari adesso è poco sotto gli 80. La guerra Israele-Palestina ha inciso ma non ha mandato al tappeto il mondo, mentre Ucraina e Russia continuano a darsele di santa ragione. Intanto ciao ciao al mercato tutelato, eccoci a bolletta selvaggia.
Il 2023, infine, è stato l’anno delle proteste ambientaliste molto plateali di Ultima Generazione. Monumenti imbrattati (con vernice lavabile e con ingenti costi di pulizia), strade e autostrade bloccate con sit-it improvvisi, ragazzi e meno ragazzi che incollano le mani alla strada o si incatenano ai pali della luce. Anche proteste per le proteste e botte. Verrebbe da dire: la nobile causa della salvaguardia del pianeta violentata dagli estremismi controproducenti. Tutto in linea, comunque, con le bizzarrie di un anno che sta finendo.
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