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Minopoli (Ass. nucleare): “Bene attivismo industria, atomo serve per target clima”

Oggi Enel e la società di tecnologie nucleari pulite Newcleo hanno firmato un accordo di cooperazione per lavorare insieme sui progetti di tecnologia nucleare di quarta generazione, “che mirano a fornire una fonte di energia sicura e stabile, nonché ridurre significativamente gli esistenti volumi di scorie radioattive, attraverso il loro utilizzo come combustibile per reattori”. Giovedì scorso Eni e CFS (Commonwealth Fusion Systems), spin-out del Massachusetts Institute of Technology (Mit), avevano firmato un altro accordo di cooperazione, con l’obiettivo di accelerare l’industrializzazione dell’energia da fusione. Lunedì scorso invece Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare, Edf e Edison avevano sottoscritto una Lettera di Intenti (Loi), per collaborare “allo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e favorirne la diffusione, in prospettiva anche in Italia. Obiettivo dell’accordo è di valorizzare nell’immediato le competenze della filiera nucleare italiana, di cui Ansaldo Nucleare è capofila, a supporto dello sviluppo dei progetti di nuovo nucleare del Gruppo Edf, e al contempo di avviare una riflessione sul possibile ruolo del nuovo nucleare nella transizione energetica in Italia”. Umberto Minopoli, ex numero uno di Ansaldo Nucleare a presidente dell’Associazione italiana nucleare, un anno fa ha pubblicato un libro dal titolo quasi profetico: ‘Nucleare. Ritorno al futuro. L’energia a cui l’Italia non può rinunciare’.

Presidente, questi tre accordi firmati dai big dell’industria italiana, sono una coincidenza o sono un segnale che indica una precisa direzione in Europa?
“Al saltimbanchismo della politica, dove c’è un atteggiamento ipocrita tra chi lo sostiene a parole e tra chi si oppone a parole all’atomo, arriva un bel segnale dalla grande industria pubblica energetica che investe su terza e poi quarta generazione del nucleare. Giusto entrarci oggi. Per questo esprimo grande soddisfazione per le iniziative prese da Ansaldo, Eni ed Enel in questi giorni”.

Vedendo questa accelerazione, viene da pensare che in questi ultimi tre decenni abbiamo perso tempo…
“Usa, Cina, Giappone, Europa stessa… il nucleare non si è mai fermato. Noi abbiamo buttato competenze sistemiche e infrastrutture, quando avevamo una industria nucleare in piedi. Però manifattura, utilities e ricerca non sono uscite dal nucleare come ne è uscito il Paese. Enel ed Ansaldo, insieme ad Enea, hanno continuato a lavorare, oltre che all’estero, anche sul nucleare di quarta generazione. Se Ansaldo può siglare accordi internazionali su reattori veloci raffreddati a piombo, è perché è stata protagonista del lavoro e della ricerca in questi anni. Proprio in questa particolare tecnologia, tra le più promettenti per le prospettive di quarta generazione, abbiamo una leadership con Ansaldo ed Enea”.

Il nucleare in Europa… Quali prospettive ci sono?
“Il nucleare si è fermato in soli due Paesi: l’Italia, che 36 anni fa chiuse le centrali senza aspettare che giungessero alla fine del ciclo vita, mentre la Germania forse le chiuderà a fine 2023 lasciando comunque che impianti arrivino al termine del ciclo produttivo. Gli altri Paesi invece non hanno chiuso un bel niente, anzi hanno rilanciato i programmi nucleari, cambiando in alcuni casi l’impegno che si erano dati dopo Chernobyl, penso al Belgio o alla Svezia”.

La Francia è protagonista del nucleare europeo. Ha avuto però difficoltà lo scorso anno con la produzione elettrica, problemi che sembrano continuare. Centra con l’invecchiamento delle centrali?
“La Francia non ha mantenuto l’obiettivo di produzione elettrica perché alle manutenzione ordinarie, si è sommato un problema tecnico specifico su 8 centrali per l’usura di alcuni circuiti, che su impegno dell’autorità di sicurezza, sono stati sostituiti. Edf ha però annunciato che tutte le centrali in manutenzione torneranno attive entro fine marzo, e su quelle 8 centrali dove c’è corrosione di alcuni circuiti si sta procedendo alla sostituzione. La Francia, a differenza della Germania, ha deciso il rilancio di programmi costruttivi e di nuove centrali, una scelta programmata per rilanciare il ciclo vita delle centrali che giungono alla conclusione del proprio ciclo programmato. Il programma di rilancio non è comunque una cosa di qualche mese o di qualche anno, certo che è che con questi progetti si allunga di decenni il ciclo di vita degli impianti”.

La crisi del gas ci ha fatto capire che dovremmo essere meno dipendenti da materie prime extra-europee. Con le auto elettriche si rischia una dipendenza simile. Con l’uranio c’è lo stesso pericolo?
“Assolutamente no, l’uranio incide nel conto economico di una centrale per il 5%, non è come il gas o il carbone che incidono per il 70% e più. Poi l’uranio viene utilizzato in termini molto parchi, a differenza di carbone, petrolio, olio combustibile. Con un grammo di uranio si produce l’energia realizzata da 3500 tonnellate di carbone o combustibili fossili. L’importazione di uranio inoltre non dipende da Paesi cosiddetti a rischio, ma da Canada e Australia, precisando che comunque l’uranio non si importa come materia prima, ma come combustibile pre-confezionato, incamiciato nei cosiddetti elementi combustibili delle centrali. Ultimo, la disponibilità uranio è pressoché infinta, poiché la domanda è sempre molto bassa. Anche un certo numero di centrali aggiuntive non raggiungerà mai l’offerta esistente già oggi sul mercato della disponibilità dalle miniere da cui viene estratto. E c’è dell’altro…”

Dica pure.
“Con le nuove tecnologie di cui si sta parlando cambierà l’uso dell’uranio… La massa che si mette nella centrale viene sfruttata ora all’1%. Con i nuovi reattori la percentuale di sfruttamento diventa del 25-30% della massa che si utilizza e con la quarta generazione i reattori saranno in grado di sfruttare gli stessi rifiuti che produce il combustibile. Ora i rifiuti vengono accantonati per essere smaltiti e stoccati, nella quarta generazione i reattori useranno il rifiuto che adesso viene tolto”.

Presidente, è possibile raggiungere gli obiettivi climatici senza nucleare?
“Qualsiasi ente internazionale autorevole o centro studi dice che i target climatici al 2030 e al 2050 sono irraggiungibili con le sole rinnovabili. L’Europa ha deciso a febbraio 2022 l’allargamento delle fonti energia che andavano incentivate, la cosiddetta tassonomia, al nucleare e al gas con cattura Co2. Questa è la prova che, senza nucleare, l’Europa non sarà in grado di raggiungere i target climatici 2030-2050. Ecco perchè si è riaperta discussione su nucleare in Europa”.

 

(Photo credit: AFP)

Elena Fois

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