Il nucleare resta il tema principale del dibattito sul futuro dell’energia. Il disegno di legge delega del governo è atteso in uno dei prossimi Consiglio dei ministri, ma già si accendono i riflettori del mondo politico, ma anche di quello produttivo.
In questa partita l’esecutivo può contare sull’appoggio di buona parte delle imprese, da tempo ormai impegnate in quella che un tempo sarebbe stata chiamata ‘l’arte dei salti mortali’ per resistere ai colpi del caro bollette. La parte più difficile – ma questo lo sanno bene dalle parti di Palazzo Chigi e del Mase – sarà semmai la campagna di comunicazione tra i cittadini per convincere gli italiani sull’utilità di inserire anche questa tecnologia nel nostro mix.
Già nelle sue vite precedenti, da professore e ministro dell’Ambiente, Roberto Cingolani è stato uno dei pochi a parlare di nucleare come fonte di approvvigionamento sicura, pulito e stabile, con impatti economici meno gravosi rispetto ad altre forme di energia. Oggi che è a capo di un colosso come Leonardo non ha di sicuro cambiato idea. Anzi: “Ho detto in tempi forse meno popolari che era la tecnologia che produceva meno anidride carbonica per unità di energia e aveva tutta una serie di altri parametri buoni”, ribadisce a margine della presentazione della Fondazione Leonardo Ets. Ma ora “tutti i Paesi stiano capendo che per accelerare la decarbonizzazione il nucleare va potenziato e credo che l’Italia si stia muovendo nella direzione di rivedere la sua posizione in materia”.
Leonardo, assieme a Enel e Ansaldo Energia sta dando vita a una newco che avrà il compito di approfondire la ricerca sul tema. Non c’è ancora la firma, ma Cingolani assicura “si sta procedendo, ci siamo scambiati l’ultima versione, l’accordo è quello, adesso dovremmo trovare il momento per chiudere”.
Il lavoro di questa nuova società potrebbe essere molto utile per le imprese. “La quarta generazione è quella che non fa utilizzo di Uranio 135 e in questo momento, secondo me, nella fase intermedia in attesa della fusione, potrebbe essere qualcosa su cui investire”, sottolinea infatti l’amministratore delegato di Leonardo. Mettendo l’accento sull’importanza di “costruire un percorso che ci porti da oggi alla fusione termonucleare, che sarà la soluzione per l’umanità in futuro. Che poi avvenga in tre decadi, in due decade o 5 decadi questo dipenderà da tante cose”.
Favorevole al nucleare, e non da oggi, è anche Davide Tabarelli. “In questo momento è la prima fonte di produzione in Europa, con circa il 25% e se venissero meno le 56 centrali saremmo messi malissimo: le bollette sarebbero molto più alte e di notte saremmo in blackout”, spiega il presidente di Nomisma Energia in audizione davanti alle commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera. Osando quella che lui stesso definisce una “provocazione”, cioè “cominciare a pensare di riaprire la centrale di Caorso, mettendoci un nuovo reattore, piccolo o grande o quello che stanno costruendo in Polonia”. Proprio per rendere chiara a tutti l’urgenza di riprendere un percorso.
Di cui è straconvinto, ovviamente, il presidente dell’Associazione italiana Nucleare, Stefano Monti, che aspetta lo schema di legge dal governo con ansia. Per essere precisi, sono i decreti attuativi il suo obiettivo principale: “In particolare, è molto importante avanzare rapidamente sulla questione dell’autorità di sicurezza e della comunicazione o è impossibile avviare un programma nucleare nel nostro Paese”.
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