Italia in uscita dalla Via della seta cinese. Ma anche Pechino non fa investimenti green da noi

Se mi trovassi a dover firmare il rinnovo di quel memorandum domani mattina, difficilmente vedrei le condizioni politiche”, aveva dichiarato Giorgia Meloni all’agenzia di stampa taiwanese Cna a settembre, riferendosi al rinnovo previsto nel 2024 della Belt and Road Initiative, la cosiddetta Via della seta cinese, siglata nel 2019 a Roma tra Giuseppe Conte, allora presidente del Consiglio della maggioranza gialloverde, e il leader asiatico Xi Jinping. “Spero che il tempo serva a Pechino per ammorbidire i suoi toni e fare qualcosa di concreto verso il rispetto della democrazia, dei diritti umani e della legalità internazionale”, aveva poi sottolineato l’attuale premier, criticando aspramente le tensioni a Taiwan causate dall’ex celeste impero. E oggi Bloomberg rivela come l’Italia abbia “segnalato agli Stati Uniti che intende ritirarsi da un controverso patto di investimenti con la Cina entro la fine dell’anno”. Meloni avrebbe rassicurato il presidente della Camera americano, Kevin McCarthy, durante l’incontro a Roma della scorsa settimana. Nonostante non sia stata presa una decisione definitiva, tuttavia il “governo sta favorendo un’uscita dal suo ruolo nella massiccia Belt and Road Initiative della Cina“, secondo i presenti ai colloqui citati da Bloomberg. “I consiglieri diplomatici della capo del governo stanno ancora discutendo sui dettagli e sui tempi di una decisione, temendo ritorsioni economiche da parte cinese” – continua ancora Bloomberg – e probabilmente “nulla sarà reso pubblico prima dell’inizio del vertice dei leader del G7 a Hiroshima, in Giappone, il 19 maggio”, cioè la prossima settimana. Da tempo – come scriveva Politico.com – “gli alti funzionari di entrambe le sponde dell’Atlantico si aspettano che Meloni segnali la direzione che Roma prenderà”.

La partecipazione all’alleanza, che consta di 19 intese istituzionali e 10 accordi commerciali, senza una disdetta ufficiale si rinnoverebbe automaticamente nel marzo 2024. Disdetta che deve arrivare ufficialmente dunque entro dicembre, tre mesi prima del rinnovo. La Belt and Road Initiative cinese ha finanziato 900 miliardi di dollari in progetti infrastrutturali nel mondo. In Italia però i risultati non sono stati soddisfacenti. Nel 2022 le esportazioni verso la Cina sono state pari a 16,4 miliardi di euro, rispetto ai 13 miliardi di euro del 2019. Le importazioni dalla Cina sono invece volate a 57,5 miliardi di euro dai 31,7 miliardi di quattro anni fa. Francia e Germania, che non fanno parte della Via della Seta, hanno esportato molto di più a Pechino dell’Italia. Proprio questo timido beneficio all’economia tricolore dovrebbe essere usato come motivo per sancire l’uscita dalla Via della seta, pur tenendo ovviamente aperte le porte a scambi commerciali.

D’altronde gli stessi investimenti diretti cinesi in Europa hanno raggiunto il minimo decennale di soli 7,9 miliardi di euro nel 2022, in calo del 22% rispetto al 2021. La diminuzione – secondo un recentissimo report di Rhodium – riporta gli investimenti cinesi al livello del 2013. La mancanza di attività cinesi di fusione e acquisizione (M&A) è stata la ragione principale della discesa. Solo gli investimenti green cinesi in Europa sono aumentati del 53%, superando i flussi di M&A per la prima volta dal 2008, trainati dalle fabbriche di batterie per veicoli elettrici. L’88% però è confluito in appena quattro Paesi, ovvero le economie europee dei ‘tre grandi’ (Regno Unito, Francia e Germania) e l’Ungheria. Italia esclusa. Anche i cinesi dunque sembrano non aver più tanto interesse a portare la loro seta nel nostro Paese.

Valentina Innocente

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