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Crisi frena transizione: ma nucleare e carbone preoccupano italiani

Far di necessità virtù. Questo il mantra del governo italiano e delle istituzioni europee per contrastare gli effetti della crisi energetica scatenata dall’invasione russa in Ucraina. Misure emergenziali, certo, che però rischiano di fare rallentare il percorso di transizione ecologica del pianeta. La riattivazione delle centrali a carbone è in effetti un pugno in un occhio al processo di decarbonizzazione e suona quasi come una beffa all’Onu e alla sua Agenda 2030. Tuttavia ogni possibile soluzione deve essere contemplata in questo periodo storico. Anzi, per dirla con la presidente della Commissione Ue, va trovato “un equilibrio” e “non è detto che prenderemo la direzione giusta”. Secondo Ursula von der Leyen, “dobbiamo assicurarci di approfittare di questa crisi per avanzare nella transizione energetica, senza tornare ai combustibili fossili inquinanti“. D’altronde lo stesso concetto di sostenibilità impone di trovare un equilibrio tra il rispetto dell’ambiente e lo sviluppo umano. E al momento non c’è sviluppo senza energia.

IN EUROPA

Mentre i Paesi del Centro-Europa revocano le restrizioni sulla produzione di energia da carbone (Olanda) o aumentano la capacità produttiva delle centrali in attività (Germania e Austria), l’Italia, per voce del ministro alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha già escluso la possibilità di riattivare gli impianti chiusi. La soluzione individuata è quella di aumentare il ricorso a quelle in attività, “per un periodo transitorio”, giocando sul fatto che il Paese non sforerà comunque la quota Ue del 55% di decarbonizzazione.

NUCLEARE SI, NUCLEARE NO

Ad ogni modo, la stessa Commissione europea, nel piano ‘RePower EU‘ aveva messo in conto la possibilità di utilizzare la risorsa carbone “più a lungo, in casi di straordinaria necessità. Non solo: Bruxelles non ha nemmeno chiuso al dossier nucleare per aggiustare i mix energetici. Per quanto riguarda l’Italia, i due referendum sul ritorno al nucleare parlano chiaro ma il ministro Cingolani aveva chiesto un cambio di paradigma. Perché se è pur vero che “i referendum si rispettano”, è altrettanto vero che la tecnologia può far compiere al settore passi da gigante e restituire un “nucleare moderno” (ovvero più sicuro e pulito) grazie a ricerca e sviluppo. La parte difficile resta quella di convincere gli italiani.

IL SONDAGGIO

Secondo una ricerca Changes Unipol-Ipsos, il possibile ricorso al nucleare (23%) e il rischio di non dare priorità alla transizione verso le rinnovabili (15%) sono le due principali preoccupazioni degli italiani oltre al caro-energia e all’aumento vertiginoso dei prezzi. Il nucleare è indicato dal 48% tra le principali preoccupazioni e, nel 23% dei casi, come prima minaccia in assoluto, mentre il rischio che non venga data priorità alla transizione energetica e alle fonti rinnovabili raggiunge quota 54% tra i fattori più preoccupanti, sebbene solo il 15% lo indichi come timore principale. I segmenti di popolazione più anziana (i baby boomers, tra 57 e 74 anni) e i più giovani (la Generazione Z, tra 16 e 26 anni) mostrano una maggior sensibilità verso il possibile ricorso al nucleare, visto come minaccia principale rispettivamente nel 24% e nel 25% dei casi. Generazione Z e Millennials (tra 27 e 40 anni) manifestano invece una maggior propensione verso il timore di un rallentamento della transizione alle rinnovabili (nel 17% dei casi).

La possibilità di ricorrere all’energia da centrali nucleari anche in Italia raccoglie soltanto il 15% di consensi, ma il favore sale a quasi 1 italiano su 2 (45%) nel caso si utilizzassero tecnologie e modalità di gestione dell’energia nucleare più sicure di quelle attuali. Il 42% si dichiara invece contrario, o per la convinzione che ci siano più rischi che vantaggi (28%) oppure per una questione legata alla non convenienza di costi (14%).

Anche la riattivazione o l’apertura di centrali a carbone è fonte di preoccupazione per il 43% degli italiani ed è la principale preoccupazione per 1 italiano su 10, ma questo timore raddoppia tra chi vive in prossimità di queste centrali (18% vs 9%). Secondo il sondaggio Unipol-Ipsos, minore inquietudine destano la costruzione o l’aumento di produzione dei rigassificatori e la costruzione di nuovi gasdotti, indicati entrambi soltanto dal 4% degli intervistati come maggiore minaccia.

(Photo credits: Oliver Berg / dpa / AFP)

Nadia Bisson

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