Secondo un parere della Commissione Politica di coesione territoriale e bilancio dell’Ue (Coter) del Comitato europeo delle regioni (Cdr), adottato mercoledì 3 luglio, l’Unione europea dovrebbe sostenere tutte le regioni nella realizzazione di una transizione giusta ed equa, in particolare quelle fortemente dipendenti da un unico settore economico o da industrie ad alta intensità energetica. Come sostiene la Coter, le difficoltà incontrate nell’approvazione dei piani di transizione e la riduzione dei fondi alla fine del periodo di programmazione evidenziano la necessità di prorogare il termine per l’utilizzo delle risorse del “Fondo per la transizione” nell’ambito del piano di ripresa dell’Ue di prossima generazione. Il parere invita la Commissione europea a semplificare i finanziamenti e a migliorare la trasparenza nel prossimo quadro finanziario pluriennale (Qfp) dell’Ue post-2027. Presa a prestito da Agence Europe, uno dei punti di riferimento dell’informazione da Bruxelles e su Bruxelles, questa notizia offre lo spunto per rivisitare il Green Deal nell’ottica della Commissione che sarà.
E intanto… Manfred Weber, nominato presidente del Ppe, ha ribadito in un recente intervista che dal Green Deal non si torna indietro. Weber è stato seguito a ruota da Ursula von der Leyen che, nel delicato tentativo di mettere insieme una maggioranza non traballante, ha posto sempre il Green Deal tra le cinque priorità dei prossimi cinque anni di governo. Ovviamente ammesso che, come accade spesso nei Conclave, chi entra Papa non esca cardinale. Green Deal, per la verità, che è stato sorpassato a sinistra da altre tematiche cogenti come la competitività, la Difesa, le questioni sociali e la semplificazione normativa. Sintetizzando: la transizione verde è indispensabile ma non così indispensabile come nel 2019. Ora: cosa sia cambiato in meglio o in peggio dopo un lustro di propositi più o meno buoni è difficile da stabilire con determinazione matematica, ma che siano indispensabili delle correzioni ‘in corsa’ questo è ineluttabile.
Con o senza i Verdi, oppure anche solo con l’appoggio esterno, il Green Deal continuerà a esserci. Giusto. Ma qui si torna al punto di partenza: più delle ideologie e di certe rigide ottusità saranno i denari da investire nella transizione verde a fare la differenza. E di denari ne serviranno davvero tanti: in fondo, più le pratiche sono virtuose più i costi aumentano. Saranno determinanti i fondi privati e il buonsenso collettivo, sarà determinante coinvolgere sempre di più Cina, India e Stati Uniti in un percorso che abbia cura del Pianeta senza creare ulteriori diseguaglianze non solo tra Paesi ma tra blocchi di Paesi, come ad esempio la Ue e i Brics.
Il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, scrive in un suo intervento che “dietro l’estremismo ambientalista, ideologico ed astratto, che purtroppo ha orientato negli ultimi dieci anni anche le politiche europee contro il climate change e per il così detto green deal, ci siano anche alcuni ‘grandi vecchi’, sconfitti nel loro credo dalla storia, ma che hanno rivestito lo spirito e il pregiudizio anticapitalista e anti-impresa con le bandiere dei verdi”. Cita Noam Chomsky e Robert Pollin e giunge a sostenere che Occidente e Stati Uniti andranno avanti ma dovranno fare i conti con il popolo. “’Voi parlate della fine del mondo ma noi ci preoccupiamo della fine del mese. Come sopravviveremo alle vostre riforme?, è questa la domanda pressante a cui bisogna dare risposte concrete onde evitare un rigetto totale delle politiche ambientaliste”, sottolinea Gozzi.
Non è indispensabile essere d’accordo, è fondamentale riflettere. E fornire risposte concrete. Il cambiamento climatico è sotto i nostri occhi, “non ci sono più le stagioni di una volta” direbbe qualcuno, ed è una evidenza che si abbatte sulle economie, sul turismo, sull’agricoltura. Come se ne esce? E’ chiaro che ricerca, innovazione, nuove tecnologie, rinnovabili, nucleare sono gli ingredienti indispensabili di una ricetta che, comunque, dovrà avere il sostegno economico di Stati e di industrie. Finanziare il futuro delle generazioni future: non è uno slogan ma una necessità. Insomma, adelante ma con juicio.
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